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Caro Direttore,

Assieme ai complimenti per l'esercizio informativo che Gente d'Italia conduce sui temi di interesse per i connazionali residenti all'estero, vorrei aggiungere, anche a nome di molti concittadini residenti in Svizzera, assidui lettori di Gente d'Italia, i più vivi rallegramenti per la pubblicazione degli annunci e dei comunicati delle ambasciate e dei consolati italiani. E 'un servizio, questo, che apre spiragli di grande interesse su quanto accade nelle rappresentanze diplomatico-consolari, solitamente piuttosto avare di notizie. Vorrei ora formulare alcune considerazioni sull'articolo che Gente d'Italia ha dedicato al cosiddetto '' open day'', tenutosi, come noto, lo scorso 17 aprile a Stoccolma, dedicato al rilascio dei passaporti per i connazionali residenti in quel Paese.
Non sappiamo, a dire il vero, quali siano i problemi della collettività italiana in Svezia, ma è probabile che le difficoltà nei rapporti con l'ufficio consolare non siano diverse da quelle che si riscontrano in Svizzera, dove gli umori dei connazionali tendono ormai verso la rassegnazione. Oggi, come ieri, le difficoltà di accesso ai
Consolati sono più o meno la norma, così come lo sono i lunghi tempi di attesa, e l'impossibilità, o, comunque, la difficoltà di parlare al telefono con un funzionario competente. A ciò si aggiunga la frustrazione per le complesse procedure digitali di pre-registrazione e prenotazione degli appuntamenti, elaborate, queste ultime, da menti davvero sagaci e gagliarde.
Ecco, quindi, che lo spunto a intervenire ci viene offerto dall'accennato ''open day'' svedese, una apertura straordinaria degli uffici, a quanto sembra, di capire,  a beneficio dei connazionali. Sia detto però senza ironia, ma viene da domandarsi cosa facciano impiegati e funzionari nei giorni di non apertura degli uffici al
pubblico. Praticano il ''closed day''?  .
A quanto viene riferito nel servizio, la cancelleria consolare si è tuttavia premurata di ricordare che era necessario compiere alcuni passaggi propedeutici: in vista infatti di un appuntamento consolare, occorreva prenotarsi nella casella di posta elettronica dell'ambasciata (cosa, come noto, facilissima), indicare nome e
cognome, data e luogo di nascita, indirizzo di residenza in Svezia, colore degli occhi e altezza. Non occorre tuttavia un acume particolare per accorgersi che i dati richiesti sono già in possesso dell'ufficio consolare, che tiene infatti il registro Aire dei connazionali residenti. Perché dunque richiedere gli stessi dati di volta in volta? Ecco una domanda da un milione di dollari.
Con l'occasione ci preme ricordare una notizia, su cui abbiamo già richiamato l'attenzione in passato, ma, come si dice, repetitaiuvant (o, almeno, si spera che sia così).   A Zurigo, negli anni d'oro- ossia dal 2015 al 2020- il Consolato generale, che è anche il più popoloso d'Europa, dopo quello di Londra, non respingeva nessuno e infatti i cittadini potevano accedere agli uffici senza bisogno di prenotazione e senza sbarramenti di sorta. Si dirà che la cosa non è possibile, che è pura propaganda. La verità invece è piuttosto semplice, ma è una verità indigesta sia ai diplomatici che ai sindacati. Al fine infatti di scongiurare l'introduzione di sistemi di appuntamento elettronico, era stata condotta a Zurigo, già nella seconda metà del 2014, un monitoraggio del flusso giornaliero di visitatori e si era così scoperto che vi era una invarianza statistica nel numero di persone che si presentavano ogni giorno agli sportelli, pari all'incirca a150-200 persone al giorno. Di qui, fra le altre misure, l'apertura di dieci sportelli per il ricevimento del pubblico e lo stop alla formazione delle liste di attesa. Tuttavia, diplomatici e sindacati hanno poi sfruttato l'epidemia del Covid come utile scusa per soffocare quella felice esperienza. Non ci stancheremo mai di ripetere che le liste di attesa sono un fenomeno artificiale, che squalifica il servizio consolare.

Con molti cordiali saluti,

Gerardo Petta- Zurigo