di Franco Esposito
Indagato Domenico Arcuri. Abuso d'ufficio e peculato le nuove accuse. La fornitura di mascherine da 1,2 miliardi euro considerata "pericolosa per la salute". La Guardia di Finanza sta sequestrando in tutta Italia il lotto di 800 milioni di mascherine arrivate nel Paese a inizio pandemia. L'ex commissario all'emergenza pare ci sia finito dentro con tutte le scarpe. Le sue parole in dodici pagine di verbale, nelle sette ore di un interrogatorio, sabato scorso, davanti ai pm della Procura di Roma, Fabrizio Tucci e Gennaro Varone. L'ex commissario all'emergenza si difende dalle accuse.
Ma soprattutto, per la prima volta da quando è stato defenestrato da Mario Draghi, si toglie i sassolini dalle scarpe. Autentici macigni in alcuni casi. Prima domanda: come mai decise di non contrattualizzare i due intermediari Mario Benetti e Andrea Tommasi, che risultano aver percepito commissioni enormemente sostanziose dai produttori cinesi? Provvigioni di cui Arcuri giura di non sapere nulla. "Benetti e Tommasi erano i promotori procacciatori di affari. Operavano nell'interesse delle aziende esportatrici. Io non avevo necessità di ricorrere ai mediatori. Il Paese, in quel momento, aveva tre fondamentali bisogni: ventilatori per le terapie intensive, dispositivi di protezione individuali, tamponi per lo screening dei contagiati".
Questo è il più grande sequestro di mascherine operato in Italia. Praticamente quasi la metà dei dispositivi di protezione individuale arrivati nel periodo caldissimo dell'emergenza Covid non erano "conformi alla legge", Peggio ancora, erano dannosi per la salute. È questo il motivo per cui i finanzieri del Nucleo valutario hanno bussato alla porta della Protezione civile nazionale. E continuano la caccia ai corrieri che ancora oggi custodiscono parte della fornitura da 800 milioni di mascherine.
Lo Stato ha pagato più di 1,2 miliardi di euro. L'operazione a inquadrata nell'inchiesta che vede indagati anche il giornalista Rai in aspettativa, Mario Benotti, Andrea Vincenzo Tommasi e Edson Jorge San Andrea Solis. La stessa indagine per cui l'ex capo della struttura commissariale per l'emergenza, Domenico Arcuri, è stato ascoltato in Procura, come indagato. L'accusa è di aver avvantaggiato Benotti. Parte dei proventi dell'affare sarebbero finiti nelle tasche dei mediatori. Secondo i pm, Arcuri non avrebbe stipulato i contratti necessari e avrebbe improbabilmente usato i fondi pubblici. L'ex commissario all'emergenza avrebbe respinto tutte le accuse.
Quello che preoccupa è il risultato. Dicono i magistrati: "L'emergenza ha giustificato pagamenti di dispositivi di protezione della qualità delle quali nulla ancora si sapeva, col rischio di acquistarne di inutili. Pur di non lasciare la popolazione sanitaria sprovvista di tutela sono state importate mascherine fidandosi sulla documentazione allegata. Le mascherine sono finite negli ospedali".
Ma quando sono affiorati i sospetti e gli inquirenti hanno cominciato le analisi a campione, è emersa la verità. Tra gli 801.617.647 milioni di mascherine c'erano anche dispositivi "non conformi alle prestazioni e, in qualche caso, i laboratori di analisi interpellati hanno mostrato una realtà allarmante". Attenzione, attenzione, si tratta dispositivi molto pericolosi".
Il responso è lapidario. I requisiti di efficacia protettiva richiesti "non erano soddisfatti e addirittura alcune forniture sono state giudicate pericolose per la salute". Vista la pericolosità insita nel virus, siamo davanti a veri e propri tentati omicidi. Il disprezzo totale per l'altrui salute, in nome della truffa e del guadagno. "Da Pivetti all'amico Meloni c'è stato l'assalto agli appalti", si difende l'ex commissario Domenico Arcuri.
L'Italia produce Dpl e dispone di 5.173 posti di terapia intensiva; la Germania di 30mila. Tranne un'azienda in provincia di Bologna, nessuno produce ventilatori. L'Italia – si è difeso Arcuri davanti ai pm – "è il secondo Paese del mondo per numero di morti da contagio covid. Non abbiamo un sistema di produttivo compatibile per contrastare questa tragedia".
Bè, allora, che ti fa l'Arcuri? "La Protezione civile è impreparata. Abbiamo bisogno di tre milioni al giorno di operatori ospedalieri. Non sapevamo da dove cominciare. Chiesi a Confindustria un elenco di aziende. Arrivò e c'era anche una profumeria". La boutade dà l'idea come il commissariato all'emergenza e la protezione civile abbiamo operato durante il periodo più tosto della pandemia.
Arcuri assicura: "Nessun contratto con soggetti diversi da produttori ed esportatori. La prima cosa da fare era non stipulare contratti con un mediatori". E i politici, i parlamentari? L'ex commissario si lanciato in alcuni esempi. "Faccio il nome del senatore Mallegni di Forza Italia. Il 24 marzo inviò un'offerta per Kfn4con consegna in Corea, al prezzo di 0,80 cadauna, escluso il trasporto. Si autogiustifica: non sono un mediatore. E dopo la mancata sottoscrizione del contratto, diventa ospite fisso di trasmissioni televisive nelle quali la materia inizia a essere trattata". Malan, ex Forza Italia ora Fratelli d'Italia, tramite Enzo Saladino, offre mascherine lavabili. Poi le chirurgiche a 0,8, con consegna in Cina, "Il trenta per cento in acconto, e settanta di lettera di credito. Non ottiene contratti e in Parlamento dà il via a una serie di interrogazioni".
Capito i politici, pronti a tuffarsi anche loro nel malaffare delle mascherine? L'imprenditore Filippo Moroni, poi. Invia sette offerte di mascherine. "Va in tv tre giorni, e parla, parla. Le offerte sono inviate tramite società lussemburghese, consegna a Hong Kong. Volumi e prezzi differenti e pagamento anticipato alla società di servizi. L'onorevole Mattia Mir, Italia Viva, avrebbe presentato un'offerta di "due signori cinesi per mascherine chirurgiche al costo di cinquantacinque centesimi, consegna in Cina, escluso le spese di trasporto". Infine Pivetti e l'onorevole Meloni, lei firma due contratti con la Protezione civile (15 milioni di mascherine mai arrivate in Italia), l'altro in copia all'offerta "di tale Pietrella per mascherine chirurgiche con richiesta di anticipo del cinquanta pe cento e costo del trasporto a carico del Governo italiano".
Proposte che Arcuri ritenne largamente "meno vantaggiose rispetto a quella di cui stiamo parlando, sotto l'aspetto del costo, dell'acconto, del trasporto, del tempo di fornitura". Quindi, non prese in considerazione, bocciate. Scoperto il pentolone dal contenuto maleodorante, Arcuri si ritrova indagato per la fornitura di mascherine da 1,2 miliardi. Abuso d'ufficio e peculato, veda un po' lui come venirne fuori.