Di ANONIMO NAPOLETANO
Mentre a Napoli si insediano il nuovo sindaco e la sua giunta, con tanto di solenni promesse di rilancio della città, e la Camera di Commercio illumina per la prima volta con sfavillanti addobbi natalizi tutte le strade del centro, in tre diversi quartieri si riaccendono le guerre di camorra e si torna a sparare più di prima. In poco più di ventiquattro ore il bilancio è di due morti ammazzati in altrettanti agguati e un passante ferito nel corso di una stesa (vedi box in basso). Fuorigrotta, Miano e Barra sono i teatri degli ultimi gravissimi fatti di sangue: area ovest, area nord e area est della città. A sud c'è il mare, perciò non si spara.
Il primo episodio è avvenuto alle 22,15 del 10 novembre, in via Caio Duilio, appena usciti dalla Galleria Quattro Giornate che da Mergellina porta a Fuorigrotta. È la roccaforte del clan Troncone, e a cadere sotto i colpi di due killer in motocicletta è proprio il nipote, autista e tuttofare del boss Vitaliano Troncone. Si chiamava Andrea Merolla e aveva appena 30 anni. Era seduto su uno scooter parcheggiato, quando ha visto la moto con due uomini con i volti coperti dal casco deve aver capito qualcosa e ha cercato di fuggire a piedi, ma quattro colpi calibro 9 “luger” hanno fermato la sua corsa. Un agguato che non arriva all'improvviso ma, anzi, era stato preceduto da chiarissimi segnali. Nel maggio scorso a largo Lala, pochi metri da via Caio Duilio, trafficatissimo snodo tra le maggiori arterie di Fuorigrotta, alle 20, piena ora di punta, dodici persone a bordo di sei scooter hanno inscenato un carosello da Far West, sparando raffiche di proiettili in aria. Un affronto per il clan dominante della zona, i Troncone appunto. Un segnale a cui ha fatto seguito ora l'omicidio del nipote del boss. A sua volta, la sparatoria di largo Lala era stata interpretata dagli investigatori come una risposta plateale all'omicidio di Antonio Volpe, un 77enne ucciso due mesi prima a poca distanza, in via Leopardi. L'uomo era un pregiudicato legato al gruppo criminale dei Cesi-Iadonisi, a loro volta alleati dei Sorianiello-Mazzaccaro del rione Traiano. L'omicidio avrebbe segnato una spaccatura tra i Troncone e i Cesi, da qui l'inizio di una guerra che ora può solo aumentare di intensità, infuocando tutta la periferia occidentale e persino parte del centro, visto che i Troncone sono alleati con il clan Frizziero di Mergellina.
Passa un solo giorno e le armi dei clan tornano a fare fuoco ma nell'area nord della città, a Miano, un tempo sotto il dominio dei fratelli Lo Russo, clan sgominato da inchieste e pentimenti. Due uomini armati hanno fatto irruzione in un circolo ricreativo di via Janfolla e hanno esploso otto colpi di pistola 9x21 contro il gestore della struttura, uccidendolo all'istante. La vittima è una vecchia conoscenza delle forze dell'ordine: Giuseppe Tipaldi, alias “Peppe 'a recchia”, 38 anni e molti precedenti penali. L'estate scorsa era uscito di galera, avendo pagato i suoi debiti con la giustizia ma evidentemente non quelli con il crimine organizzato. Il 38enne era il figlio del boss Gaetano Tipadi e fratello del killer di mala Massimo Tipaldi, a suo tempo pezzi grossi del clan Lo Russo. Con la fine della cosca detta dei “capitoni”, nel quartiere si era creata una divisione tra Miano di sopra, dove dominavano i Cifrone e gli Scognamiglio, e Miano di sotto, dove è attivo un gruppo denominato “Abbasc Miano”, spalleggiato dal clan della Vanella Grassi della confinante Secondigliano. Secondo gli investigatori dell'anticamorra, dopo l'arresto dei vertici dei Cifrone, Tipaldi aveva soppiantato gli Scognamiglio, padre e figlio, e così la pax mafiosa tra Miano di sopra e Miano di sotto si è rotta. A pagarne le spese, per ora, è stato proprio Giuseppe Tipaldi. Ma nessuno sa cosa succederà adesso e quali saranno i nuovi equilibri criminali nell'area nord di Napoli.
Così, mentre neo assessori e sindaco appena eletto brindano al loro insediamento a Palazzo San Giacomo, sulle ipotesi di rilancio della città grava sempre più l'ombra inquietante dei clan di camorra.
Periferie in ebollizione, prete-coraggio fa arrestare un pistolero a Pianura. Da est a ovest, non ci sono solo gli omicidi ma anche le stese e le gambizzazioni: si spara anche a Barra e a Pianura, quartieri caldi dove sono in corso due diverse faida di camorra. Così, mentre a Fuorigrotta e Miano si sono contati due morti in ventiquattro ore, nella periferia orientale all'una di notte qualcuno ha percorso le strade della roccaforte dei Cuccaro-Aprea sparando all'impazzata. Ne ha fatto le spese un innocente, Vincenzo De Martino, 38enne incensurato, che stava rincasando ed è stato centrato ad una gamba da una pallottola vagante. È lui l'unico testimone dell'ennesima stesa. Ha raccontato agli inquirenti che era quasi arrivato a casa, percorrendo a piedi via Villa Bisignano, quando ha udito una serie di esplosioni, poi ha sentito un forte bruciore alla gamba e ha visto il sangue sgorgare.
Per gli investigatori non ci sono dubbi che si tratta di una prova di forza nei confronti dei clan della zona, i Cuccaro e gli Aprea, che sono alleati con i De Luca Bossa del quartiere confinante di Ponticelli. Lì da tempo è in corso una sanguinosa faida con i rivali della famiglia De Micco, detti “Bodo”, a loro volta alleati con i De Martino detti “Xx”, i D'Amico del Rione Villa e i potenti Mazzarella, che estendono il loro potere dal centro storico alla periferia est di Napoli. Gli spari notturni nella zona dei Cuccaro-Aprea potrebbero essere degli sconfinamenti mirati a scompaginare le alleanze in atto. Del resto non sarebbe la prima vola. Ad agosto un altro raid notturno aveva preso di mira l'abitazione di una donna incensurata. Ben quindici colpi di pistola sono stati esplosi contro la facciata della casa, bucherellando la parete esterna e la finestra della cucina, per fortuna senza colpire nessuno. La 59enne proprietaria non ha alcun ruolo in affari criminali, ma è imparentata con i Cuccaro e probabilmente solo per questo è finita nel mirino degli attentatori.
Purtroppo, come spesso succede, nessun testimone ha fornito elementi utili per identificare i pistoleri. Diversamente da quanto accaduto dall'altra parte della città, a Pianura, dove nelle stesse ore in cui a Barra si consumava la stesa contro i Cuccaro-Aprea, è stato identificato e arrestato l'autore di un agguato di camorra contro Michele Ortone, 22enne incensurato, rimasto gravemente ferito la scorsa estate mentre si trovava in strada a bordo del suo scooter. In manette è finito un coetaneo, Antony Junior Manuel Lopes, ritenuto legato al clan Calone. Gli inquirenti sono risaliti a lui grazie alla testimonianza di un parroco della zona che era presente al momento dell'agguato e ha riconosciuto il giovane come uno dei quattro componenti del commando. Restano da identificare gli altri tre pistoleri. Lopes era già sotto processo, ma a piede libero, per un altro agguato di camorra, la gambizzazione di Vincenzo Scodellaro, avvenuta nel settembre del 2020. In questo caso, però, secondo il pentito Yuseff Aboumouslim, Lopes sarebbe stato “prestato” dal boss Calone agli amici del clan Esposito di Bagnoli per punire Scodellaro per un debito non “onorato”.