di Giampiero Martinotti
Vaccino anti covid, l’Europa è in subbuglio. E si conferma una eterna verità. Il coraggio politico è una merce rara e solo pochi sanno sfoderarlo. Il cancelliere austriaco, Alexander Schallenberg, è uno di questi.
Lo ha dimostrato prendendo una decisione difficile, senza pensare alle conseguenze politiche negative che potrebbe avere per lui e il suo partito. Ha deciso di richiudere il paese per tre settimane.
E di introdurre il vaccino obbligatorio per tutti dal 1° febbraio perché convinto che questa sia l’unica strada per difendere tutti gli austriaci dal Covid.
E ha imposto la sua scelta sul vaccino, pur sapendo che le manifestazioni dei no-vax, fomentate dall’estrema destra, possono anche tracimare in pericolose violenze.
I gravissimi incidenti di Rotterdam, del resto, ci ricordano l’estrema tensione che regna in tutte le società occidentali, sfiancate dalle fiammate a ripetizione della pandemia.
Le scelte di Schallenberg possono essere discusse, come ha fatto l’Oms. E ci si può chiedere come sia possibile obbligare gli adulti a farsi vaccinare (con il licenziamento? con la sospensione del pagamento delle pensioni? con l’esclusione dalle università?).
Ma il cancelliere austriaco ha dato soprattutto prova di dirittura morale e politica: ha preso una decisione che ritiene utile alla salute pubblica di tutti i cittadini anche a costo di pagarne un prezzo politico. Non sono molti i leader europei capaci di imitarlo.
Per rendersene conto, basta dare un’occhiata a quel che sta succedendo in Germania (65 mila nuovi casi giornalieri). Angela Merkel è ancora in carica per sbrigare gli affari correnti, ha cercato di smuovere le acque, ma non ha più il potere di imporre le sue idee.
Due Land, Baviera e Sassonia, hanno usato i loro poteri per cominciare a richiudere tutto. Il probabile futuro cancelliere, Olaf Scholz, è rimasto invece silenzioso, chiuso nel suo ufficio per trattare la difficile nascita di un governo a tre con verdi e liberali (Fdp).
La sua legittima ambizione di raggiungere il gradino più alto del potere e di governare il paese lo ha incitato a sfilarsi dal dibattito che agita la Repubblica federale. E lo ha fatto perché uno dei tre partiti della sua coalizione, quello liberale, è contrario a qualsiasi misura che limiti le libertà individuali.
Non a caso, durante la campagna elettorale la Fdp ha strizzato l’occhio ai no-vax. E il 13 novembre il suo leader, Christian Lindner, ha detto che l’inefficacia del distanziamento sociale è stata «provata da ricerche scientifiche». Una bufala, ovviamente, che lo ha obbligato a fare marcia indietro. Quell’uscita, però, spiega il poco glorioso silenzio di Scholz.
Anche in altri Paesi i calcoli politici passano davanti alle scelte di interesse generale. In Belgio, per esempio, i socialisti hanno smentito il loro vice-primo ministro, che in sede governativa ha votato in favore della vaccinazione del personale sanitario. Per puro calcolo elettorale.
In Francia, Macron pensa alle presidenziali (il primo turno è fissato al 10 aprile) e cerca di non scontentare nessuno. Ha rifiutato di limitare i movimenti dei non vaccinati. E soprattutto si è fatto vedere a far bagni di folla con strette di mano e selfie. Alla faccia del distanziamento sociale.
Finora, il presidente francese ha gestito con accortezza la pandemia, ma il numero dei casi quotidiani di Covid, raddoppiato in una sola settimana a più di 20 mila, dovrebbe suggerirgli una maggiore prudenza.
A suo merito va messa la decisione di condizionare la validità del green pass alla terza dose per chi ha più di 65 anni. Ma nelle prossime settimane anche Macron dovrà forse fare i conti con l’aumento delle contaminazioni e prendere decisioni destinate a irritare una parte degli elettori.