Ancora una volta, il Vecchio Continente si ritrova epicentro di un doppio contagio: quello del virus, con intere zone dell’Europa centrale e orientale nuovamente tinte di scarlatto; e quello della rabbia sociale, con decine di migliaia di persone scese in piazza contro il ritorno delle misure restrittive, l’introduzione del green pass e l’ipotesi dell’obbligo vaccinale. Potrebbe sembrare un film già visto, solo che questa volta le proteste - alimentate dalle frange più estreme - arrivano in un clima di esasperazione più acuto rispetto al passato, dopo quasi due anni di vita pandemica e una polarizzazione mai vista tra vaccinati e non.
La settimana del Black Friday, rampa di lancio verso le vacanze natalizie, si apre con alle spalle un weekend di proteste e scontri in diversi Paesi europei. Da Bruxelles a Vienna, da Rotterdam a Zagabria, passando per Roma e Milano, i no-green-pass hanno manifestato contro quelle che ritengono “inaccettabili limitazioni alla libertà individuale”.
Il refrain delle accuse alla “dittatura sanitaria” si propaga in tutta Europa, mentre dal direttore regionale dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità, Hans Kluge, arriva un nuovo drammatico allarme: altre 500 mila persone rischiano di morire per Covid-19 in Europa entro marzo, se le autorità non adotteranno misure urgenti per arginare i contagi. “Il Covid-19 è tornato la prima causa di mortalità nella nostra regione”, ha dichiarato Kluge alla Bbc, “sappiamo cosa deve essere fatto”. Kluge ha spiegato che l’aumento dei contagi è legato alla stagione invernale e alla bassa copertura vaccinale in alcuni Paesi. Secondo il responsabile dell’Oms per l’Europa, l’obbligo vaccinale dovrebbe essere però imposto solo in mancanza di alternative.
Per ora l’obbligo è stato annunciato solo in Austria, ma anche in Germania – descritta dal presidente del Robert Koch Institute come “un unico grande focolaio” - se ne parla in modo sempre più insistente. Diversi membri del blocco conservatore della cancelliera Angela Merkel hanno dichiarato che il governo dovrebbe introdurre le vaccinazioni obbligatorie, prendendo atto del fallimento di tutti gli sforzi per aumentare il basso tasso di inoculazione del Paese, fermo al 68%.
L’obbligo vaccinale, in linea con la posizione dell’Oms, è considerato dai vari governi come l’estrema ratio. Anche perché il provvedimento rischierebbe di aumentare ancora di più la rabbia di no-vax e no-green-pass, con un grado di aggressività in aumento.
Impressionanti in questo senso le immagini degli scontri avvenuti oggi a Bruxelles, capitale del Belgio e cuore politico dell’UE, tra manifestanti anti green pass e polizia. La marcia, iniziata pacificamente, è degenerata quando un un gruppo di manifestanti ha iniziato a lanciare oggetti verso le forze dell’ordine, che hanno risposto usando cannoni ad acqua e gas lacrimogeni. Molti indossavano cappucci e mostravano bandiere nazionaliste fiamminghe. Gli scontri sono avvenuti nei pressi di Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea. Secondo quanto riferito dalla polizia, 35.000 manifestanti hanno marciato in un corteo partito dalla stazione ferroviaria di Bruxelles Nord. In particolare i partecipanti all’evento, denominato “Insieme per la libertà”, hanno protestato contro il divieto ai non vaccinati di entrare in luoghi come ristoranti e bar.
Altro luogo caldo delle proteste è l’Olanda, dove per due notti consecutive si sono registrate violenze e decine di arresti. Nel Paese, alle prese con una recrudescenza del contagio, l’entrata in vigore di un lockdown parziale ha scatenato l’ira delle fasce più agguerrite. A Rotterdam il sindaco ha parlato di “un’orgia di violenza” per descrivere gli scontri di venerdì sera, durante i quali tre persone sono rimaste ferite quando la polizia ha aperto il fuoco sui manifestanti; 51 gli arrestati, tra cui alcuni legati alle frange violente delle tifoserie o ad altre forme di criminalità organizzata, secondo il ministro della Giustizia Ferd Grapperhaus. Il giorno successivo le violenze si sono propagate in altre città, con una quarantina di arresti in tre province e almeno cinque poliziotti rimasti feriti all’Aja. Qui gli agenti in tenuta antisommossa hanno caricato centinaia di manifestanti che hanno dato fuoco a diverse biciclette. I manifestanti, secondo la polizia, hanno lanciato in direzione degli agenti sassi e potenti petardi. Un sasso ha rotto il finestrino di un’ambulanza di passaggio che trasportava un paziente. I disordini sono scoppiati anche nella città centrale di Urk e nelle città della provincia meridionale del Limburgo, mentre tifosi inferociti hanno interrotto due partite di calcio che si giocavano a porte chiuse proprio a causa delle restrizioni.
In Austria - all’indomani dell’imponente manifestazione di Vienna, dove sono scese in piazza oltre 35mila persone - il cancelliere Schallenberg ha dichiarato di sperare “vivamente che non si arrivi” alle violenze che si sono registrate le scorse notti in Olanda. In un’intervista rilasciata al quotidiano Kurir il giorno prima dell’entrata in vigore del nuovo lockdown, Schallenberg si è detto “consapevole che la situazione è molto tesa”; con il ministro degli Interni Karl Nehammer “stiamo valutando con attenzione e da vicino il da farsi”.
È un’allerta trasversale quella che accomuna le varie capitali. Sabato a Zagabria sono giunte migliaia di persone, con decine di bus dal resto della Croazia, per chiedere l’abolizione del green pass obbligatorio per i dipendenti pubblici e l’accesso agli edifici statali. A Belfast centinaia di manifestanti contro l’introduzione della certificazione Covid in Irlanda del Nord hanno bloccato il traffico del centro. In Germania la settimana prossima sono attese reazioni alle nuove misure che verranno annunciate ministro della Salute Jens Spahn. Stesso discorso per la Svizzera, chiamata a esprimersi domenica prossima con un referendum sull’introduzione di un pass vaccinale. Un po’ ovunque la delusione è forte per il ritorno di limitazioni che si speravano superate, a quasi un anno dalla somministrazione dei primi vaccini. Il timore è di vedere la minoranza no-vax arroccarsi sempre di più sulle sue posizioni, con alcuni estremisti pronti a soffiare sul fuoco.