Di STEFANO BALDOLINI

Guarda i muscoli del portavoce, fatto di tweet e di veline, e vedrai Rocco Casalino, che nella notte pentastellata è ritto sul tablet e pianifica la prossima mossa. Che forse c'è già stata. Ma in attesa di verificare se il tweet-bombing #DiMaioOut contro il ministro degli Esteri sia farina del suo sacco, la campagna contiana per il Quirinale ha il sapore acre e fangoso della battaglia di Waterloo. E poiché Rocco ha una discreta concezione di sé, non gli dispiacerà esser paragonato al generale corso, né vedere la sua parabola - e quella contiana - assimiliata ai cento giorni, dal ritorno a Parigi alla disfatta belga.

Fuor di metafora, e tornando dentro il Palazzo nei giorni febbricitanti che hanno portato al Mattarella bis, è evidente come il portavoce ci abbia messo molto del suo. Ha spostato la postazione da palazzo Madama a Montecitorio. Ha provato a orientare giornalisti e trattative. "Il problema non è tanto Conte, quanto Casalino, che entra e esce nelle riunioni e spariglia", si sono lamentati dalle parti del Pd. A un certo punto, quando si bruciavano le rose in stile nomination, la battuta era "chissà a che edizione del Grande Fratello sta facendo riferimento".

Eppure il metodo Casalino, adrenalina, intensità, e corpo a corpo, si è scontrato con il cuore di velluto del Transatlantico. Non è entrato in risonanza con i battiti lenti dei peones, che solo esperti nel percepirne il flebile suono, potevano decodificare. Si prenda la prova di forza sul nome di Elisabetta Belloni, bruciata in un paio d'ore per evidenti smanie di protagonismo, per la volontà di intestarsi l'hashtag quirinalizio prima degli altri. Un caso di scuola da non imitare in futuro, culminato con il tweet di Grillo a sostegno della direttrice generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, che è difficile non immaginare frutto dell'intelligenza dell'entourage di Conte, considerato che il comico fondatore non aveva ancora proferito verbo sulla corsa al Colle.

Un altro momento simbolico: la passeggiata a Montecitorio di Conte. Lo aveva fatto il giorno prima Di Maio per rinfrancare i suoi, con un certo successo, ed ecco che l'ex premier viene invitato da Rocco a fare altrettanto. Risultato tra il comico e il patetico con tanto di litigata col senatore Primo Di Nicola e altri 5 stelle che, affatto riconosciuti, si presentano al leader. Come se Kirk Douglas in "Orizzonti di Gloria", passando in rassegna le truppe stanche e ferite nelle trincee, avesse dovuto raccogliere i biglietti da visita. E tanti cari saluti a #unadonnapresidente. Quando i giochi arrivano al dunque, le prove muscolari non funzionano, e Casalino lo avrebbe dovuto imparare da un'altra esibizione muscolare andata maluccio. Quella del 2018, quando si inventò la campagna fallimentare per la richiesta di impeachment contro il presidente Mattarella. Quando si dice la lungimiranza.

Un errore politico che Di Maio faticò a scrollarsi di dosso. Poi riconoscerà all'allora suo spin doctor la paternità della "sciocchezza", ma anche molte intuizioni che portarono il MoVimento al 33%. Perché certo, c'è anche il Rocco di successo, quello che spinge, di conferenza stampa in conferenza stampa, di dpcm in dpcm, l'avvocato della pandemia a vette di consenso notevoli, dopo averlo portato, con discreto acume tattico, tra le braccia di Goffredo Bettini con cui si inventarono il ribaltone giallorosso dopo il Papeete. D'altra parte è stato proprio il ministro ormai atlantista e draghiano a definirlo un "unicum" sulla piazza. "Prendete un ingegnere con esperienze all'estero in importanti aziende, cresciuto con un padre terribile e senza nessuna raccomandazione, e mettetelo nella casa del primo Grande Fratello. Quell'edizione la videro tutti, Anche quelli che lo negavano. Quando Rocco uscì da quella casa conobbe l'Italia. Dal notaio al netturbino". In connessione con la pancia di un Paese che però notoriamente ha problemi seri con gli addominali.