di Federica Olivo

 

Ci sono i messaggi lanciati da lontano, le due fazioni che preparano la strategia, il messaggio di Beppe Grillo che prova a fare da paciere. E poi c'è il tribunale. Quello di Napoli, in questo caso. Mentre il Movimento 5 stelle è in subbuglio per lo scontro tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, la decisione di un giudice potrebbe cambiare le carte in tavola. E l'attesa della decisione stessa sicuramente rischia di aggiungere caos a caos.

Quella che si è tenuta davanti alla settimana sezione civile del tribunale di Napoli è una nuova puntata di una storia che va avanti da qualche mese. E che è cominciata quando è stato varato il nuovo statuto del Movimento 5 stelle, vergato da Conte. Alcuni attivisti napoletani - sostenuti da centinaia di iscritti che, da tutta Italia, hanno contribuito a pagare le spese legali del ricorso - si sono rivolti al giudice lamentando una serie di vizi che, in sostanza, renderebbero nullo lo statuto e, di conseguenza, la nomina di Conte come presidente. Li assiste Lorenzo Borrè, storico avvocato dei pentastellati espulsi dalla casamadre.

Gli attivisti, delusi, tra l'altro, dallo scioglimento delle strutture territoriali imposto dal nuovo corso, avevano già tentato di far annullare lo statuto targato Conte, e la nomina del presidente stesso, ma le loro motivazioni non avevano convinto il giudice di primo grado. Non si sono fermati e contro l'ordinanza del giudice Francesco Paolo Feo, pubblicata il 24 dicembre 2021, hanno presentato un reclamo di oltre 40 pagine. Se accolto - e la decisione si conoscerà nelle prossime settimane - comporterebbe la sospensione dello statuto fino a una decisione nel merito. E, quindi, il congelamento di tutte le regole che sono contenute nel documento. Compresa la sfiducia al presidente Conte e la possibilità di quest'ultimo di far fuori Luigi Di Maio - che, lo ricordiamo, è componente del comitato di garanzia - con conseguente ritorno alla disciplina del vecchio statuto.

Ma cosa contestano i ricorrenti? "Abbiamo impugnato le delibere di agosto 2021 con le quali è stato modificato lo statuto e nominato Giuseppe Conte come unico candidato presidente", spiega all'Huffpost l'avvocato Borrè. I vizi che vengono contestati sono tanti: intanto, sostengono i ricorrenti, lo statuto è stato approvato senza il quorum che era previsto nella precedente regolamentazione: è stato escluso dal voto un numero di iscritti superiore a quello degli associati che hanno votato. Un vizio che, se riconosciuto, rendendo illegittimo lo statuto farebbe cadere anche Conte in automatico. Ma non è tutto: "Contestiamo la nomina del presidente anche perché la riteniamo affetta da vizi propri". Primo tra tutti: la nomina di un candidato unico sarebbe in contrasto con il principio di parità tra soci. "Allo stato attuale delle cose - continua Borrè - non è emersa dagli atti alcuna designazione ufficiale di Conte da parte di Grillo". Un altro vizio riguarda l'iscrizione di Conte al Movimento stesso: "È stata fatta - sostiene il legale - quando le iscrizioni al Movimento erano sospese". Sul punto era già stata intavolata una discussione a settembre scorso e Vito Crimi, allora reggente del Movimento, aveva specificato: "Il Comitato di garanzia ha accettato la richiesta di iscrizione avanzata da Giuseppe Conte, in considerazione dell'eccezionalità del momento". Un giudice ora stabilirà se un errore c'è stato e dove. "Siamo fiduciosi delle nostre buone ragioni - conclude l'avvocato Borrè - e riteniamo che la gravità dei vizi da noi esposti consentirebbe l'accoglimento del reclamo".

Il primo tentativo degli attivisti è stato vano, ma se il secondo dovesse avere un esito diverso, l'annullamento dello statuto comporterebbe un balzo indietro nel tempo di sette mesi. Riporterebbe, cioè, la situazione a luglio 2021. Quando lo statuto non era stato approvato ancora e Conte non era presidente. I dissapori interni, quelli no, non sarebbero cancellati. Ma l'attesa del verdetto potrebbe contribuire a raffreddare gli animi. Oppure a rendere la situazione ancora più caotica.