Oggi ci troviamo di fronte a una forma di disuguaglianza che non ha precedenti nella storia dell’umanità; è una disuguaglianza che stride contro le tante dichiarazioni sui diritti universali dell’uomo, che sono rimasti solo un sogno frutto di un’utopia dimenticata e ignorata dalla storia. Il secolo passato e anche quello di cui stiamo festeggiando, in modo amaro, il nuovo anno ci mettono davanti al crollo dei valori di società e dei valori morali travolti dalla rivoluzione finanziaria, che ha contribuito a cancellare il settimo comandamento: non rubare.
L’attacco della finanza e del suo modello socio-culturale di liberismo finanziario privo di controllo ci ha portato verso il caos, arrivando a dominare la classe politica che, in occasione dell’elezione presidenziale, si è trovata priva di idee e di uomini, dando evidenza al suo fallimento. La disuguaglianza globale è devastante, se pensiamo che i 400 americani più ricchi sono considerati quelli con un patrimonio da 2,8 miliardi di dollari almeno e che hanno accresciuto la loro ricchezza di 4500 miliardi di dollari nei due anni di pandemia.
I giochi e la manipolazione della finanza hanno fatto della Tesla un insieme di moltiplicazioni finanziarie non realistiche ma infinite e del suo proprietario l’uomo più ricco della storia. Questi individui controllano il 3,5 per cento della ricchezza globale, mentre la parte più povera del pianeta – 3,7 miliardi di persone – non controlla nemmeno il 2 per cento, con persone che vivono con meno di 1,9 dollari al giorno; siamo di fronte a una drammatica anomalia che sta uccidendo il mondo occidentale.
È paradossale che sui giornali si legga spesso di questo piccolo numero di super-ricchi a fronte di una povertà straziante, infatti è più facile leggere le graduatorie della ricchezza che i drammi sociali e morali che stanno facendo esplodere il nostro mondo e la nostra società. La logica del mercato innalzato colpevolmente a verità incontrovertibile ha cancellato la nostra storia di welfare, di aiuto sociale, distruggendo il senso e il ruolo della comunità.
La cultura antica del welfare che ha sostenuto l’Europa negli anni bui ha, in parte, limitato i drammi della disuguaglianza e in occasione della pandemia la sanità pubblica, quasi inesistente in altri Paesi, ha consentito di ridurre il dramma dell’emergenza sanitaria e a ravvivare i sentimenti di solidarietà sconosciuti in altre realtà più lontane da noi, nonostante la crescente decristianizzazione dell’Europa. Ci siamo dimenticati o voluti dimenticare della regola storica che solo una buona ed equa società può garantire una reale crescita economica.
Il Dopoguerra ha mostrato la realtà di una società unita, producendo una rivoluzione industriale che, dal nulla che avevamo dopo il conflitto mondiale, ci ha portato in soli 40 anni tra i Paesi più evoluti e industrializzati del mondo. La disuguaglianza è una pessima condizione per l’economia, perché al suo aumentare l’economia si declassa, come conferma il Fondo monetario internazionale, in quanto “i periodi più lunghi di crescita sono associati decisamente a maggiore uguaglianza nella distribuzione del reddito” quando il bene comune prevale su quello individuale.
È necessario definire delle priorità e oggi, invece di pensare alla disuguaglianza, si gioca al caleidoscopio della politica diventata ottusa, incapace di una visione di respiro e a lungo termine, travolta da una problematica che anziché governarla la fa prigioniera di se stessa. In una totale confusione dimentica la disuguaglianza e il bene comune, a favore del meschino interesse personale. È giunta l’ora di alzare la testa, per evitare di essere travolti dal caos e finire, come dice la leggenda, tutti come i lemming lanciati nel dirupo. Non possiamo dare la colpa delle nostre incompetenze né alla natura né a un Dio ostile ma dipende da noi e solo noi: possiamo rialzare la testa per riportare il sentimento nel dramma terreno.
DALLA REDAZIONE