di James Hansen
La fedina "sporca" è indubbiamente un ostacolo per chiunque cerchi un impiego. In un paese come l'Italia, dove è già difficile trovare un posto decente anche con un passato immacolato, il problema è forse poco sentito. È invece una questione dal notevole impatto sociale negli Usa, dove la giustizia americana ha la condanna "facile". Infatti, quasi un terzo degli adulti americani ha subìto una condanna criminale di qualche tipo - più o meno la stessa proporzione della popolazione con la laurea universitaria.
Nessun paese può permettersi di escludere un terzo dei suoi abitanti in età produttiva dalla forza di lavoro. Siccome però l'entusiasmo delle aziende per l'assunzione di gente condannata è prevedibilmente limitato, molti dei singoli Stati americani vietano di fare domande ai candidati relative alla fedina penale durante l'iter d'assunzione. Il divieto è spesso ignorato. In un recente sondaggio della Checkr - un fornitore di servizi tecnici agli uffici del personale - l'82 percento dei lavoratori interpellati asserisce che il modulo di assunzione da loro compilato contenesse domande su eventuali condanne subite.
Forse per necessità pratica, la preclusione contro chi è stato in galera sembra stia passando. Secondo i dati raccolti nel corso della ricerca citata - condotta su un campione di 1.200 lavoratori e 400 dirigenti d'azienda americani - ormai quattro lavoratori su cinque rispondono che appoggerebbero l'assunzione da parte dei loro datori di lavoro di gente con il passato macchiato da una condanna.
Malgrado ciò, l'idea riscontra ancora resistenze. Il 90 percento dei dirigenti riconosce che certi tipi di crimini sbarrano automaticamente la strada all'impiego. I lavoratori dal passato "equivoco" che superano invece l'ostacolo spesso ottengono buoni risultati. Nove capi su dieci concordano sul fatto che essi si impegnano sul lavoro tanto quanto gli altri dipendenti dalla fedina "pulita" e che, inoltre, tendenzialmente restano più a lungo con l'azienda.