di Alfonso Raimo
Alle 11 e 50 a Kiev una donna ucraina ha dato alla luce una bimba, di parto naturale. Pesa 3 kg e 940 grammi, è alta 55 centimetri. La mamma italiana non potrà abbracciarla. Un filo lungo 2mila e 500 chilometri lega centinaia di donne. Le italiane sono aspiranti madri, le ucraine 'gestanti per altri'. Donne divise dalla guerra ma unite dai bambini.
"La situazione attuale è pesante. Coi bombardamenti ci siamo trasferiti un pò fuori Kiev, in un bunker attrezzato. La clinica al centro della città, invece, è chiusa, anche se i russi l'hanno risparmiata. Cerchiamo di gestire tutto al meglio, almeno per quello che dipende da noi. Siamo contenti perchè in questo momento tutte le coppie italiane sono riuscite a rientrare in Italia con i loro bimbi", spiega Irina Isaenko, manager per le coppie italiane, della Biotexcom. La clinica è la più grande attiva a Kiev. Dal 2008 ogni anno esegue 15mila 'trattamenti per la riproduzione umana'. Due mila bambini vengono al mondo così. "Fate i bambini, non la guerra", era lo spot prima che scoppiasse il conflitto.
Ora le attività proseguono nel "bunker dei neonati". "Attualmente abbiamo all’incirca 70 mamme surrogate incinte delle coppie italiane. In questo momento i genitori non possono entrare nel Paese. Ma nessuna delle coppie è sparita. Anzi sono tutti presenti e ci chiedono continuamente informazioni e nonostante la guerra sono pronti addirittura a partire a prendere i loro figli", dice ancora Isaenko.
Le famiglie possono scegliere tre contratti per crescere un figlio nell'utero di una donna ucraina. Tre le fasce di prezzo, dalla standard a 39.900 euro, alla Standard plus, che viene 10mila euro in piu', alla Vip, 64.900 euro. Le differenze riguardano ad esempio la diagnosi genetica preimpianto, prevista solo dal contratto più oneroso. Oppure il soggiorno, di tre mesi per i Vip, due per gli standard. In ogni caso sono prezzi assai convenienti, a fronte dei 150-200 mila dollari chiesti ad esempio in California. La clinica si occupa di tutto: dagli esami al trattamento, agli hotel. Con la guerra e' tutto fermo.
"Assolutamente sì. Ma ci contattano ancora alcune coppie che non sono al corrente della guerra. Noi diciamo di sentirci quando si sarà calmato tutto. Non possiamo prendere un rischio del genere. Tanto più che non sappiamo quanto potrebbe durare". A Kiev continua a funzionare il bunker dei neonati, con i bambini e le baby sitter. "I bambini nati in questi giorni non hanno nessun bisogno e sono al sicuro, di loro si prendono cura le baby sitter e sono in attesa che migliori la situazione e finalmente potranno stare con i loro genitori. Nessuno ha rifiutato di pagare, anzi i genitori collaborano più del solito", spiega Irina.
Le mamme surrogate non sono sole. "Sono unite come non mai. Ci scrivono. Ci dicono dove sono. Chiedono le istruzioni. Per adesso davvero è tutto gestibile. Non ce lo aspettavamo". Ma come si nasce, in un paese in guerra? "Quando le mamme raggiungono il settimo mese di gravidanza, le trasferiamo a Kiev in un posto al sicuro. Qui partoriscono e il nostro manager Nikolay, vestito da militare e col fucile, insieme al primario va a prendere il bambino e lo porta nel bunker. In questi giorni sono nati due bambini da coppie italiane. I genitori dovranno aspettare, ma speriamo non tanto. Ci stiamo organizzando per portare i bambini fuori dal Paese".
Nonostante le difficoltà imposte dalla guerra, le mamme italiane sono più presenti che mai. "Riceviamo tantissimi messaggi di sostegno. Tante coppie ci scrivono chiedendo se qualcuno di noi o delle madri surrogate ha bisogno di qualche cosa, loro sono pronte ad aiutarci. Riceviamo mail di sostegno anche da persone sconosciute italiane. Sentiamo molto la vicinanza del popolo italiano".
In Ucraina l'8 marzo è festa nazionale. Non si lavora. "Sono andata da nonna Antonina, a 100 chilometri da Vinniza, in un villaggio tranquillo. Qui i bombardamenti non si sentono. Mi ha regalato i tulipani rossi. Come vivo l'8 marzo? Desidero solo la pace. Da quando è iniziata la guerra non so più che giorno è. E' un giorno lungo che non finisce più".