di Pietro Salvatori
“D’ora in poi non accetto che quando poniamo qualche questione politica qualcuno ci dica che vogliamo far cadere il governo. Abbiamo piena dignità rispetto a tutte le forze politiche, e così sarà d’ora in poi, che stia bene o stia male a qualcuno”. È paonazzo Giuseppe Conte, alza il tono della voce, scandisce le sue parole letteralmente sbattendo i pugni sul tavolo. Una diretta su Instagram di ben 44 minuti tutta improntata allo stesso registro. Toni enfatici e assertivi, voce modulata costantemente al rialzo senza quasi pausa alcuna, ira che traspare dalla mimica e dalla gestualità, maniche di camicia arrotolate fino al gomito.
Addio completi blu, addio rigorosa cravatta abbinata, addio soprattutto a quella pochette che è stata nel bene e nel male il simbolo distintivo di Conte, dei suoi toni felpati, del suo eloquio pacato e avvocatesco. Il regista è sempre lo stesso, quel Rocco Casalino che è stato un buon contribuente per i momenti più alti di un cittadino qualsiasi catapultato alla presidenza del Consiglio ma anche per i suoi rovinosi scivoloni. Il Nuovo Cinema Casalino ha messo in soffitta le analisi costi-benefici che duravano dieci mesi, estenuanti tira e molla di dichiarazioni, carte e documenti che servivano a calciare il barattolo più in là, a rinviare il più possibili decisioni che sembravano rebus insolubili, nella speranza che magari qualcuno se ne scordasse (si pensi al Tav dell’epoca gialloverde, o al Mes nel secondo governo Conte).
Dice che Draghi non gli aveva detto del rispetto degli impegni Nato da assolvere entro il 2028, come il premier al contrario ha affermato, non teme frontali di sorta, anzi li cerca, si arrabatta a rispondere ai fan che gli scrivono (“Non ritrovo il commento, vanno troppo veloci”), cerca il contatto diretto con i propri attivisti in quello che a molti ha ricordato il format “Matteo risponde”, inagurato ai tempi di Palazzo Chigi. Ne ha per tutti anche per gli alleati del Partito democratico. In uno dei momenti più concitati del concitatissimo monologo, il capo politico del Movimento ha raggiunto il picco dell’indignazione: “Pensare che sia strumentale la verifica delle spese militari è fuori logica. Vuol dire di non aver letto la carta dei principi e dei V-A-L-O-R-I”. Resiste per un attimo al mettersi la mano a cucchiaio accanto alla bocca per rafforzare il principio. Poi conclude: “Allora non ci conosciamo! Allora non si sa che il Movimento è nato il 4 ottobre. E cos’è il 4 ottobre? La festa di San Francesco!”.
Se qualcuno aveva dei dubbi sul cambiamento di rotta, il video di ieri è stata un’inaspettata conferma di quanto si era visto nei giorni precedenti. Parlando con un noto sondaggista, Conte aveva appreso di poter recuperare nei sondaggi un bacino potenziale del 5% delle intenzioni di voto proprio sulla storia dell’incremento delle spese per la Difesa. Un sondaggio Swg uscito un paio di giorni dopo fotografava un aumento dello 0,5%. Nella stanza dei bottoni dell’avvocato hanno esultato: “Lo vedi? Allora è questa la strada giusta!”.
A contribuire anche Beppe Grillo. Negli ultimi contatti avuti con l’ex premier, il fondatore - inabissatosi da quando è scoppiata la guerra - si è molto lamentato della strategia dei 5 stelle, per mesi e mesi impelagati in incomprensibili discussioni tra Stati generali, Statuti, correnti, tribunali, cavilli legali, ricorsi, bocciature, il tutto condito da una sanguinosa faida con Davide Casaleggio per una richiesta di denaro inizialmente respinta, poi ancora respinta, infine accettata quando ormai i voti erano stati fatti su un’altra piattaforma, e dunque invalidati. “Dobbiamo cambiare il passo, dobbiamo attaccare di più, far uscire i nostri temi”, quel che avrebbe detto Grillo a Conte a detta di chi ci ha parlato di recente.
E così nel mondo a 5 stelle dove quando arriva la politica la comunicazione è già entrata in sala e la sta aspettando da un pezzo, Conte ha colto le previsioni di sondaggi più favorevoli giocando sui non detti del governo, alzando il più possibile i toni sul presunto riarmamento per riconquistare una prima pagina che non fosse sui casini interni, in un’escalation dei toni che ha portato, checché ne dica, a ventilare una crisi di governo intervistato da La Stampa, tenere il punto per giorni, andare allo scontro diretto con Draghi e ripercorrerne i passi fin su al Quirinale, per cavalcare fino all’ultimo metro possibile una storia che, pur essendo strumentale, ha dato un po’ di fiato alla sua leadership e riportato per qualche ora al centro del villaggio i 5 stelle. Merito anche della costruzione di Casalino, che da sempre spinge per semplificare l’eloquio spesso artefatto del capo, per rendere più immediata la sua comunicazione. Eccolo qua, dopo un anno di grovigli incomprensibili, il nuovo cinema di Conte. Non resta che mettersi seduti e vedere quanto durerà il film. E quanto incasserà al botteghino del consenso.