Oggi, 9 aprile 2022, gli emigrati, i migranti, gli italodiscendenti, quelli che non hanno nemmeno una goccia di sangue italiano nelle vene, ma sfoderano un passaporto tricolore, si recheranno, con tutti i mezzi di trasporto possibili, nelle rispettive ambasciate per eleggere il nuovo CGIE. A piedi o in bicicletta, in moto o in macchina, in treno o in aereo, a pochi minuti di distanza o a migliaia di chilometri e fusi orari di differenza, arriveranno nelle auliche sedi diplomatico-consolari per essere controllati, ammessi, fatti sedere e costretti ad ascoltare le perorazioni al voto da parte di candidati non sempre all'altezza della carica che vorrebbero ricoprire. Ascolteranno manfrine d'ogni tipo, spesso espresse in un italiano quasi incomprensibile da persone incapaci di distinguere un congiuntivo da un condizionale e di capire (o anche soltanto sospettare) quale e quanto è il lavoro da fare all'interno del Consiglio Generale degli Italiani all'Estero.
Il CGIE, questo sconosciuto, fa accadere le cose, lavorando spesso in silenzio per promuovere politiche a favore degli italiani all'estero, costringere i parlamentari - tutti, non soltanto quelli più o meno esteri - che una particolare legge deve essere approvata o un decreto speciale non deve escludere gli esponenti del mondo italiano fuori dai confini dalle opportunità offerte ai residenti nel Bel Paese. Molti fra i candidati improbabili si vedono già seduti in business class per volare a Roma, si aspettano di essere riveriti, ammirati e osannati, Non saprebbero scrivere un documento valido nemmeno sotto dettatura, ma sono sicuri della propria vittoria che li porterà non soltanto nelle sale della Farnesina ma anche, e subito, nell'Ufficio del Segretario nazionale del partito, cui si sono – opportunisticamente - appena iscritti, il quale li accoglierà come trionfatori che hanno salvato l'Italia e offrirà loro, lì per lì, un seggio in Parlamento, magari quello di Presidente del Senato.
È la vecchia storia di chi ha creduto in Napoleone, che prometteva a tutti i soldati semplici il bastone da Maresciallo, ipoteticamente contenuto nel loro zaino, se si fossero comportati bene nella prossima battaglia, dalla quale ovviamente era quasi certo che non sarebbero usciti vivi. O quella di un insolito Carlo Magno, raccontato da Italo Calvino, che passava in rassegna le truppe chiedendo a ognuno, in un fiato solo: "EcchiseitucavalierediFrancia?". E l'interpellato pensava immediatamente che sarebbe stato ricordato dal re, premiato dal re e magari anche ricompensato con un altissimo titolo nobiliare e il relativo castello. Questi ultimi candidati al CGIE, matematicamente sicuri di sé, perché totalmente privi di modestia e senso dei propri limiti, sono giunti alla contesa passando sui cadaveri di antiche alleanze, di amicizie brutalmente calpestate, perché non più necessarie a scrivere i loro interventi e tracciare, dietro le quinte, le linee di condotta di loro trascorse presidenze di Com.It.Es.. Sono arrivati al momento finale del percorso accuratamente pianificato per anni, usando camionate di fango contro i competitori o, preferibilmente, le competitrici, perché a tutte le idiosincrasie già elencate aggiungono l'odio viscerale nei confronti di donne e uomini più preparati di loro.
Poi ci sono i collezionisti di cariche, come il proverbiale Cappellaio matto dell'Uruguay, le cui logiche di comportamento sono talmente egocentriche da meritare uno studio approfondito dei migliori psicanalisti. Il pluridecorato, con svariate nomine e incarichi. presidente (non merita la maiuscola) del Com.It.Es. di Montevideo, ci ha messo quasi quattro mesi a dimettersi da Consigliere di nomina governativa del CGIE, carica incompatibile con la cadreghina di lider maximo del Comitato degli Italiani all'Estero. Immediatamente dopo ha annunciato la sua candidatura al CGIE. Che senso ha? Ce l'ha, eccome! Sperava nella convocazione a Roma dell'ultima assemblea plenaria in presenza, ma ciò non è successo. Nel frattempo però, da presidente e deputato, ha segnato almeno due gol a porta vuota.
Con il primo si è vendicato del direttore del quotidiano La Gente d'Italia, imponendo ai suoi servitori sciocchi (alla toscana, cioè privi di sale) di approvare un parere palesemente illegittimo contro chi ha osato raccontare al mondo che il "capataz del MAIU" non paga i debiti e altre quisquilie. Il secondo gol fa parte di una precisa strategia personale. Non convinto di essere rinominato al CGIE in rappresentanza del MAIE, ha fatto cooptare dai minions che costituiscono la sua maggioranza altri due minions che nell'infinitesimale assemblea elettorale di Montevideo, formata soltanto dai 14 Consiglieri del Com.It.Es. e da alcune associazioni, gli garantirà l'elezione a pieno titolo (ma senza alcun diritto di decenza) al CGIE dove magari già si vede acclamato Segretario Generale, senza averne le capacità, prima di tutto linguistiche.
La domanda che ci affascina è la seguente: quanto tempo ci metterà, una volta eletto, a dimettersi, questa volta da presidente del Com.It.Es.? Cosa che dovrebbe fare immediatamente dopo la proclamazione dei risultati? Ancora: quanto tempo ci vorrà a dimostrare, ai sensi di legge, che tutti gli atti che ha compiuto mentre era contemporaneamente servitore di TRE padroni: il Parlamento uruguagio, il CGIE e il Com.It.Es., erano pertanto illegali? Dal che consegue non soltanto la cancellazione del parere contro La Gente d'Italia, ma anche la decadenza della cooptazione che non ha rispettato nessuna delle regole fissate dalla legge e dal decreto di attuazione, e quindi che anche la sua eventuale elezione al CGIE, costruita su abusi di potere non è valida e pertanto dovrà essere convocata una nuova assemblea elettorale con i prossimi legittimi cooptati e i rappresentati delle associazioni scelti seguendo le dovute procedure.
Ne vedremo delle belle. Ci auguriamo soltanto che queste ultime questioni si risolvano senza richiedere i tempi biblici che ha dovuto attendere Fabio Porta prima che venisse dichiarata la sua effettiva elezione al Senato, mentre la Camera ha appena iniziato a prendere in considerazione l'identico ricorso da parte del futuro onorevole Becchi, al quale è stato rubato il seggio con gli stessi brogli che avevano impedito la proclamazione del Senatore Porta. Noi non smetteremo di scrivere per denunciare qualunque tipo di soprusi. Gutta cavat lapodem, dicevano i latini. La goccia scava la pietra. E il Gruppo Cattaneo intende agire come quella goccia.
(CARLO CATTANEO)