di Paolo Crepet
I geni costruiscono, gli idioti distruggono. E siccome i primi sono pochi, i secondi possono dare sfogo ai loro istinti più biechi raccogliendo consensi. Il dibattitto sulla guerra tra Russia, Ucraina e dintorni, esplicita questa semplice discrasia. La domanda è imbarazzante: che cosa c'è di intelligente in una guerra? Nulla, evidentemente. Eppure assistiamo sui media a una sorta di magnificazione fatta da esperti bellici, ex generali, strateghi, politici asserviti o fieri oppositori, intellettuali schierati: tutti, anche quelli che non vorrebbero, nei fatti, celebrano questa parola. Innanzitutto perché è perfetta per i social network in quanto sommamente divisiva. Immagino la contentezza dei manager di Silicon Valley quando hanno scartato questo immenso regalo: miliardi di messaggi, foto, storie, dibattiti dilanianti, offese, fake, complotti e contro-complotti. Miele per gli orsi, fiumi di pubblicità a coronare l'evento del secolo che eccita gli stakeholder di quelle aziende (altro che Capitol Hill).
C'è chi pontifica affermando che Putin è uno statista o che Zelensky è un pagliaccio al soldo di chissà chi. C'è chi giura sulla pace e intanto alimenta il mercato nero di petrolio, gas e armi letali. Cosa c'è di intelligente in tutto ciò, qualcuno se ne vergogna? Migliaia di morti ammazzati per conquistare una striscia di terra rasa al suolo o una centrale atomica fuori controllo: intelligente? Eppure c'è qualcuno che parla di "vincere la guerra", quale? Quella che non lascia in piedi ospedali, scuole, condomini, teatri? E che cosa ci si guadagna da una guerra quando -domani, tra un anno o due- finirà? Una generazione di bambini e giovani massacrati, la miseria e la fame che tornerà come incubo medioevale, un'inflazione che mangerà salari e posti di lavoro, l'innovazione che faticherà a riemergere.
Putin e qualche generale promettono che arriveranno a Odessa e ancora più in là. A che prezzo? Devastare una capitale della cultura europea condannandola come accadde a Varsavia? Sono intelligenti i padroni della guerra e il coro di pifferai che li attorniano o chi li lascia fare? Bombardare Odessa è possibile in qualche notte, ricostruirla impraticabile. L'imbecille urla "conquisteremo uno sbocco sul mare", per avere montagne di acciaio sciolto dai missili o per imbarcare prodotti che non esiteranno più? La guerra ha fatto resuscitare intelligence, fondazioni di studi internazionali che avevano perso d'importanza e centralità nel dibattito culturale. Come un miracolo, sono stati riesumati dalle catacombe della civiltà e tornano a disquisire, come adolescenti che giocano con Risiko, di armi segrete, di bombe a grappolo o al fosforo bianco, di strategia: il cinismo trionfa. Consiglieri di morte seduti nei talkshow vaneggiano sulle ragioni di tiranni (e perfino sulla loro salute mentale) e sul destino di eserciti massacrati dall'imbecillità umana.
Una cosa vince, certo, e non è la guerra ma l'orrore umano inebriato dall'odore dei soldi che occorreranno a costruire tutto da zero. Perché i guerrafondai sanno che bisogna azzerare tutto, compresa la pietà, per ricominciare a ricostruire paesi, economie, bellezza. Questo è il prossimo pasto per idioti dai canini aguzzi.