Basta sprechi. Stop, in particolare, alle rottamazioni disinvolte di telefonini e tablet. Ora la parola d’ordine è: riparare.
E difficili da trovare. Competizioni e guerre hanno minato il loro tranquillo cammino commerciale. Sono materie preziose senza le quali molte imprese sono destinate addirittura alla chiusura. Materie come litio, rame, nichel, cobalto che trovano spazio in molte applicazioni. Oltretutto hanno una notevole carica inquietante. Ergo,la loro gestione va controllata con il dovuto rigore. È merce rara.
I principali produttori, allo scopo di accelerare la sostituzione dei beni tecnologici ( e quindi incrementare ricavi e guadagni), hanno loro accorciato la vita. Hanno cominciato nel 1924 con le lampadine (durata massima : 1.000 ore) e da allora non si sono più fermati. Ora la pacchia è finita. Gli ultimi accadimenti negativi e non voluti ,costringono ad un cambio di passo.
Gli oggetti meno riparati del nostro tempo – smartphone e tablet – stanno entrando in una nuova logica, per anni rifiutata dalle case produttrici. Case a caccia di una crescita smisurata, ingorda, priva di buon senso. Ora l musica è cambiata e tornano le parole chiave. Parole dimenticate come limite, durabilità, riparazione.
Colossi come Apple, Google e Samsung sono già al lavoro. Partono da lontano ma fanno presto. Anzi, hanno già detto che faranno “prodotti riparabili”. Stanno giocando d’anticipo. E stanno nascendo i primi laboratori di riparazione. I cinesi sono già partiti con gli smartphone , disponendo del litio e del cobalto. Bruxelles si è posta un obiettivo importante: allungare la vita dei prodotti. Ottimo. Però occhio ai pezzi di ricambio: per legge dovranno essere disponibili per tutti , cittadini riparatori e professionisti. Sennò è il solito salto: dalla padella alla brace.