di Giuseppe Colombo
Quando i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil si dicono d'accordo sull'impronta del decreto Aiuti bis, Mario Draghi chiude la riunione a palazzo Chigi con due frasi, collegate tra di loro. La prima: "Confermo la volontà del governo di non abbandonare i lavoratori, i pensionati e le imprese". È l'attenzione all'economia reale, all'inflazione che cresce, a quei segnali dell'autunno "complesso" che si stanno facendo più forti e vicini.
La seconda frase: "Se avremo più entrate le continueremo a spendere". È il lato operativo di un governo che "ha ancora molto da fare" e che ha messo in conto altri stanziamenti perché i nuovi aiuti allungheranno la coperta fino all'autunno, ma il quadro è così scivoloso che potrebbe essere necessario aggiustare il tiro in corso d'opera, prima che subentri il nuovo esecutivo. Con una regola che non cambia: si useranno solo eventuali risorse in arrivo da extragettiti, non uno scostamento di bilancio. Al di là dello strumento, il dato di peso è che si amplia il perimetro di azione del governo, pur nel rispetto formale dei limiti fissati dalla modalità affari correnti. Aggiunge un'altra cosa l'incontro con Cgil, Cisl e Uil e cioè la volontà di Draghi di dare un assetto definito al nuovo decreto. Esclude il taglio dell'Iva caro a Matteo Salvini, guarda alle parti sociali, e quindi ai lavoratori e alle imprese, con una decontribuzione che darà un segnale nelle buste paga, insieme all'anticipo di una parte dell'adeguamento delle pensioni all'inflazione e all'estensione del bonus da 200 euro ai precari e agli altri lavoratori esclusi dalla misura.
È passando in rassegna le misure del provvedimento che si capisce molto non solo della gestione dell'emergenza da parte di Draghi, ma anche del modo in cui mette la Lega e Giorgia Meloni di fronte alla difficoltà di dire che così il decreto non va bene. Non è escluso un confronto politico con i partiti prima del via libera al decreto, ma il punto è che ora sono gli altri a dover rispondere mentre fino a ieri era Draghi che era rimasto più coperto, con Salvini a giocare d'anticipo e a forzare sulla rimodulazione dell'Iva. Una dinamica che il premier deve comunque gestire, anche se in uscita, e che però, ai fatti, viene messa in seconda fila rispetto a quella che ritiene la bussola del decreto Aiuti bis.
Dentro la bussola c'è lo stop al bonus da 200 euro. Non sarà rinnovato e questo perché per palazzo Chigi bisogna iniziare a dare un segnale più strutturale e soprattutto spalmato su più mesi. Ci sarà però una correzione a quello arrivato a luglio e su questo, durante la riunione, inizia a prendere forma l'intesa con i sindacati, con il leader della Cgil Maurizio Landini che cita proprio l'aggiustamento del bonus come un segnale importante, di promessa mantenuta. Il bonus di luglio andrà anche ai precari e alle altre categorie di lavoratori che non sono stati inseriti nella lista iniziale dei beneficiari. Costa poco, circa 25 milioni, ma ha un valore sociale importante perché allarga la platea.
La misura che fissa un orientamento più netto è la decontribuzione. Non siamo all'intervento strutturale sul cuneo fiscale che lo stesso Draghi aveva rimandato alla legge di bilancio e che toccherà al nuovo governo decidere se praticare o meno. Ma ricalcare l'impianto approvato con l'ultima manovra, alzando l'aliquota dell'esonero contributivo, significa che le buste paghe dei lavoratori avranno qualcosa in più tra luglio e dicembre. A norme vigenti lo sconto sulla quota di contributi previdenziali per i dipendenti con un reddito fino a 35mila euro è pari allo 0,8 per cento. L'idea è di incrementare questo sgravio, anche se la percentuale e quindi i miliardi a copertura che serviranno sono ancora in via di definizione. Tra i sindacati circolano alcune simulazioni, una dice che i lavoratori dovrebbero ricevere in media circa 30 euro in più al mese. Al di là dell'importo, la volontà del governo è quella di dare un segnale tangibile. E in questa direzione va anche l'anticipo dell'indicizzazione delle pensioni. Anche gli assegni pensionistici stanno risentendo di un'inflazione che a giugno è arrivata all'8% e che al di là delle fluttuazioni mensili, comunque minime, è al 6,4% in forma acquisita per quest'anno. Significa che comunque sarà del 6,4%, ma - e molti segnali vanno in questa direzione - potrà essere molto di più.
L'indicizzazione delle pensioni scatta il primo gennaio di ogni anno, è un tema cruciale soprattutto per quelle basse. Con un'inflazione che corre, i pensionati vedrebbero eroso il loro potere d'acquisto in maniera progressiva e senza alcun calmieramento. Vale anche per i lavoratori (l'Istat oggi ricorda che a fine giugno 6,4 milioni di dipendenti nel privato, pari al 51,6% del totale, hanno il contratto scaduto), ma almeno per qualcuno la partita dei rinnovi contrattuali si è conclusa positivamente, con adeguamento, seppure parziale, al costo della vita che è aumentato. Anche qui le simulazioni sono in corso. Secondo quanto apprende HuffPost da fonti di governo di primo livello, l'obiettivo è compensare una parte. Stimando un'inflazione all'8% a gennaio, non ci sarà evidentemente un anticipo dell'adeguamento delle pensioni all'8% già quest'anno, ma di una parte - intorno al 2 per cento. I soldi in più compariranno nei cedolini di settembre, ottobre, novembre e dicembre, mentre da gennaio si completerà l'indicizzazione.
Intervenire con la decontribuzione e l'anticipo dell'indicizzazione delle pensioni, seppure in forma abbozzata, consentono a Draghi di ricalibrare una parte della strategia. L'altra parte resterà uguale e consiste nella proroga degli sconti sulle bollette, da allungare fino a dicembre, così come nella prosecuzione del taglio da 30 centesimi al litro per la benzina, almeno fino a fine ottobre. Ci saranno nuovi crediti d'imposta per le imprese, mentre due dei 14,3 miliardi del decreto saranno utilizzati per compensare le amministrazioni delle spese sostenute fino ad ora. Saliranno a 48 i miliardi spesi nell'ultimo anno dal governo, come spiega il ministro dell'Economia Daniele Franco quando durante la riunione con i sindacati si sofferma a parlare del quadro economico. Il titolare del Tesoro parla di una preoccupazione crescente per i prossimi mesi a causa delle questioni legate alle dinamiche internazionali, gas in testa. La ripresa del turismo - dice sempre Franco - è evidente e segnali importanti per il futuro arrivano dalle esportazioni e dagli investimenti. Il problema è gestire la situazione in autunno, non perdendo di vista il Pnrr che "in termini concreti ora deve uscire alla fase progettuale". C'è fiducia che il Piano dia una spinta all'economia, ma l'orizzonte si sta facendo più scuro. C'è attenzione, anche sulle questioni industriali. Il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti parla di un monitoraggio costante delle crisi aziendali e di un'attenzione specifica sull'impianto di Priolo, in Sicilia, a causa dell'impatto dell'embargo sul petrolio legato alla Russia. Il "non vi abbandono" di Draghi rivolto ai lavoratori, ai pensionati e alle imprese, fa da cappello a questa attenzione. Il Paese non va in ferie.