di Matteo Forciniti
Come abbiamo anticipato ieri é un ritorno a casa dal sapore fortemente romantico, roba di un calcio d'altri tempi dove a prevalere (almeno per un po') sarà il cuore e non il portafoglio. Con un video pubblicato sui suoi canali social, Luis Suarez ha annunciato il raggiungimento di un pre-accordo con il Nacional, il club che lo ha cresciuto e che lo ha lanciato nel grande calcio partendo dall'Uruguay.
L'annuncio è arrivato al termine della settimana più pazza della storia recente del calcio uruguaiano che ha visto il susseguirsi di tutto dall'incredulità al sogno accompagnato anche da qualche ora di sincera disperazione. Il tutto è partito da una campagna mediatica commuovente lanciata da alcuni tifosi sui social chiedendo a gran voce il ritorno in patria del figliol prodigo con tanto di fotomontaggio e l'onnipresente hashtag #SuarezANacional che ha spopolato ovunque.
A dire il vero nessuno, all'inizio, sembrava credere seriamente a quell'idea un po' folle che con il passare dei giorni iniziava -sotto lo stupore generale- a diventare maledettamente reale. Mentre crescevano i post, le condivisioni, gli hashtag e la "locura" generale il Nacional mandava in Spagna a furor di popolo il suo presidente José Fuentes affidandogli la missione divina di trasmettere il messaggio d'amore e trattare finalmente con il Pistolero rimasto senza squadra dopo l'esperienza all'Atletico Madrid ma con il disperato bisogno di arrivare in forma ai prossimi Mondiali del Qatar di novembre. L'incontro, a detta del presidente, era stato più che positivo ma bisognava attendere qualche giorno. I giorni però passavano e con le offerte milionarie che l'attaccante continuava ricevere da più parti cresceva anche la disperazione dei "tricolores", i tifosi del Nacional da cui tutto era partito.
A un certo punto, in questa storia d'amore segnata dal destino, era spuntato anche un terzo incomodo, ovvero il Los Angeles Fc di Chiellini e Bale che aveva messo sul piatto tanti milioni di dollari in grado di far saltare seriamente il tutto. Quando la via degli Stati Uniti sembrava ormai a un passo ecco il video tanto atteso: "Intanto voglio ringraziarvi per tutte le manifestazioni di grande affetto che avete avuto, per me e la mia famiglia, in questi ultimi giorni. È stato impressionante, e mi hanno molto emozionato, toccandomi in cuore e avendo un notevole peso nella mia decisione: era impossibile rifiutare questa opportunità di tornare a giocare nel Nacional. Abbiamo raggiunto un pre-accordo, nelle prossime ore metteremo a posto dei dettagli e speriamo che si arrivi alla conclusione che tutti noi desideriamo" ha affermato il centravanti di Salto che esordì in prima squadra nel 2005 prima di sbarcare e trionfare in Europa. Questa volta, secondo le prime indiscrezioni, l'avventura durerà pochi mesi fino ai Mondiali. A spingere per la decisione sarebbe stata anche la famiglia con la moglie Sofia Balbi di origine friulana in prima linea.
Dopo queste parole metà dell'Uruguay è esploso in un delirio di gioia con tanto di fuochi d'artificio partiti da La Blanqueda, il quartiere della capitale dove ha sede il club. L'altra metà del paese, quella del Peñarol, è rimasta a guardare in silenzio con quel rispetto di cui sono degni i grandi avversari. Suarez infatti è di gran lunga il giocatore più amato della Celeste, genio e follia in grado di segnare nelle partite decisive ma di rendersi anche protagonista negativo come il celebre morso rifilato a Chiellini nel 2014 oppure la "mano de Dios" messa lì a evitare il gol del Ghana a quarti di finale dei Mondiali del 2010. È in questa sua contraddizione tra il bene e il male, tra un gol e un cartellino rosso, che risiede l'amore genuino della gente oggi in festa.
"Questo è il calcio romantico. Esiste ancora gente che per amore prende decisioni del genere lasciando da parte i soldi" ha commentato a caldo il presidente Fuentes dopo l'impresa più importante della sua vita sportiva.
E anche se saranno soltanto pochi mesi, con questa decisione Suarez -che ha 35 anni- si toglierà quell'obbligo morale di tornare alla squadra delle origini con una differenza sostanziale rispetto agli altri grandi campioni tornati in patria ormai bolliti e spremuti fino all'osso tanto da fare tenerezza dopo aver raccolto fortune ovunque.
Questa storia segnata da un romanticismo anomalo per i tempi di oggi in qualche modo ci può portare indietro nel tempo a un altro episodio legato al Nacional e all'Uruguay. Nel 1926 il figlio di un ferroviere savonese rifiutò un'offerta stratosferica dal Barcellona -che lo aveva ingaggiato per un periodo di prova- per seguire il suo sogno e continuare a giocare da amatoriale con la sua nazionale alle Olimpiadi del '28 ripetendo quanto ottenuto quattro anni prima con la medaglia d'oro. Il suo nome era Héctor Scarone detto "El mago" o "el Gardel del fútbol", il Messi degli anni venti che lavorava come postino e che è rimasto una leggenda del calcio mondiale.