di ROBERTO ZANNI
La regione di Tarapacá, una delle 16 del Cile, ha una popolazione che sfiora i 350.000 abitanti e una splendida capitale che si chiama Iquique. Siamo nell'estremo nord del Paese sudamericano, sulle rive dell'Oceano Pacifico e il termine Iquique arriva dalla più importante delle lingue aymariche, l'aymara, e significa 'sogno'. E basta dare uno sguardo alle splendide spiagge, al mare, alle montagne per concordare perfettamente con il significato di quel nome. Ma forse non conoscevano cosa volesse dire Iquique quegli italiani che arrivarono nella regione tra la metà del XIX e quella del XX secolo. Quasi cent'anni durante i quali l'emigrazione fu forte, anche se ovviamente meno conosciuta (e popolata) di quella vista in altre parti del Cile e soprattutto in altri Paesi del Sudamerica.
Così per scoprire cosa effettivamente successe in quel periodo si deve leggere un libro, opera del prof. Marcos Calle, docente alla Facultad de Comunicación, Historia y Ciencias Sociales della Universidad Católica de la Santísima Concepción della omonima città cilena. Si chiama 'Lejos del nido y en arenas extrañas: inmigrantes italianos en la provincia de Taracapá, 1860-1940'. Una presenza tangibile quella degli emigranti italiani, alla ricerca del loro piccolo sogno che allora voleva dire soltanto poter vivere in maniera dignitosa, avere cibo e una casa. E lo racconta bene il prof. Calle. "In questa provincia - ha spiegato - gli italiani si distinsero in modo fondamentale per il loro contributo nei settori delle attività del commercio e dei servizi. La loro presenza si può percepire oggi attraverso le istituzioni che hanno creato e attraverso le quali sono riusciti a socializzare con i cileni come, ad esempio, attraverso le compagnie dei vigili del fuoco, club sportivi e società di beneficenza".
Il libro è un viaggio al quale si accompagnano diagrammi, fotografie, mappe che contribuiscono a una migliore comprensione delle diverse sfaccettature di questo processo migratorio. "Questo lavoro storico - ha aggiunto - con studi di casi, serve per imparare come le esperienze precedenti possano essere un contributo alla società che li accoglie. Nel caso degli italiani 'spiegati' nel libro, la loro migrazione è stata libera e spontanea, hanno forgiato un futuro, un presente basato sullo sforzo, in quello che oggi viene chiamato capitale sociale". Ma il lunghissimo viaggio che ha portato numerosi italiani in questa parte del Cile ha anche altri aspetti. "Il migrante è una persona eccezionale - ha sottolineato il docente - non è facile abbandonare tutto, lasciare i propri cari, prendere questa decisione rende individui speciali".
Ma non si tratta solo di un libro che narra l'aspetto psicologico, la partenza e l'arrivo, la nuova vita, ma ovviamente comporta anche una profonda ricerca che è sottolineata dalla prefazione di due importanti studiosi, Ljuba Boric, ricercatrice del centro de Estudios Migratorios de la Universidad de Santiago de Chile e Froilan Ramos, accademico dello stesso ateneo. "Questo testo - ha spiegato in particolare la dott. Boric - è molto rilevante in quanto decentra gli studi migratori coinvolgendo una prospettiva regionale, si tratta di uno studio che contribuisce alla prospettiva locale, alle tradizioni, orientamenti e dinamiche della vita familiare. E questo fa la differenza rispetto ad altre ricerche".