Franco Esposito
Piange il telefono, Tim ai minimi di sempre. E c'è pure un nuovo scivolone storico di chiusura, a 18,9 centesimi. Adesso l'obiettivo immediato di Tim è questo: "Una rete pubblica non integrata con i servizi riteniamo sia una battaglia importante per il Paese". A qual pro? Immediata la risposta di Alessio Butti, responsabile dipartimento media e telecomunicazioni. "Vorremmo una rete non integrata con i servizi per garantire la competizione"- Il progetto esiste, lo stanno aggiornando quotidianamente per garantire la competizione "Sarà un piano diverso", e da qui la richiesta di non insistere oltre con le domande.
L'amministratore delegato Tim, Labriola, sull'argomento non intende derogare dalla discrezione. Malgrado l'azienda forse avrebbe bisogno di sana visibilità, in questo periodo di grave crisi economica-finanziaria e gestionale. Stop a indiscrezioni e notizie che fioriscono in questi giorni di nervosa vigilia e di attesa.
Le indiscrezioni fanno tutte riferimento a un progetto serio, innanzitutto innovativo, da abbinare immediatamente all'esigenza corrente di un'azienda, la Tim, in forti difficoltà e alle prese con il caro energia per le telecomunicazioni. "Prevediamo extracosti per due miliardi".
Mentre tutto ciò, non evitabile, accade, compreso il clamoroso inatteso momentaccio di Tim, ecco apparire Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d'Italia rilancia quel piano che le sta tanto a cuore. Il progetto in due tempi si chiama Minerva, "come la dea delle guerre giuste". Ma cosa prevede il piano primario? Forse anche il passaggio da un'opa che provocherebbe il coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti, attraverso la vendita di beni e dei servizi della controllata in Brasile.
I contenuti sono top secret, ovviamente. Tim dovrebbe avviare e breve il nuovo progetto. Vuole pensarci però, prima di sbilanciarsi. Nondimeno apprezza la decisione di Cassa deposito e prestiti e Open Fiber di "ritardare l'offerta non vincolante". Quella prevista dalla lettera di intenti di maggio. Il ritardo è giustificato dal fatto che ancora non c'è un accordo sul costo della rete. Vivendi ha dichiarato pubblicamente che costa 31 miliardi di euro.
Trentuno miliardi per un'azienda in palese, dichiarata, ammessa crisi economico-finanziaria? E perché non 100 miliardi? Spiega Alessio Butti: "Mentre sembra che Cdp voglia offrire molto meno di 31 miliardi. Sarà quindi questo un elemento di discussione che interessa anche la politica". Il giochino è semplice, quasi al livello di uno più uno fa due. "Se si utilizzano fondi pubblici è chiaro che interessi spendere meno e raggiungere il più velocemente possibile il risultato".
La politica pare stia elaborando i suoi piani. E la Tim? É obbligata a fronteggiare le difficoltà del business e le vendite sul listino. Pesa sul titolo il giudizio severo degli analisti di Barclay. In un loro studio abbassano mediamente le attese di ebitda nel 2023, del settore in Europa del 2,5%. E sul titolo Tim gli analisti di Barclay tagliano le stime di prezzo a 15 centesimi addirittura.
L'Italia, per gli analisti, è il peggior posto in cui competere. Questa sì una mazzata: per reggere il peso delle bollette l'Italia è costretta a dilazionare gli investimenti. Con quali conseguenze. Questa: lo slittamento del 5G.
Scrivono gli analisti di Barclay: "Le stime di prezzo possono arrivare anche a 60 centesimi". Ma solo nel caso in cui la rete unica "con Open Fiber si compia e il 2023 abbia condizioni economiche migliori del previsto". Ma non è detto che ciò accada veramente". Anche il recente report di Hsbc è la causa di "una caduta del titolo perché sostiene cose che sono oggettive".
Definito dagli analisti l'Italia il Paese peggiore per gli investimenti, nel corso del convegno che ha ospitato il report di Hsbc, è risuonato anche l'allarme per il caro-energia. Un grido di dolore. "Ai prezzi correnti, per il settore ci sono due miliardi di costi energia in più. Un fattore che si somma allo stato di gravità degli ultimi anni. Dilazionare gli investimenti è l'unica cosa da fare per pagare le bollette". L'ad di Tim, Labriola, lamenta che "Tim è al secondo posto quanto a spesa per l'energia in Italia, ma continuiano a considerarci come non energivori".
Fastweb, Wind'Tre e Iliad Italia chiedono di elevare i limiti. "Sono troppo bassi di irradiazione elettromagnetica, 6 volt al metro contro i 60 dell'Europa. Ma su tutto pare dominare una comune esigenza. La necessità assoluta di maggiore chiarezza e semplicità nella definizione delle regole".
Perchè così, senza regole certe e uniche non si va da nessuna parte. Anzi si picchia il capo contro il muro. Sta accadendo alla Tim, purtroppo.