di Alfredo Luis Somoza
Il ruolo dei mari e degli oceani è vitale per il clima terrestre e tutti sappiamo che grazie alla pesca e al mare vivono milioni di persone, da millenni. Ma oggi quando si parla di mari si parla di autostrade della globalizzazione che, secondo l'OCSE, producono 1.500 miliardi di dollari all'anno, sommando tutte le attività economiche che vi si svolgono. Prima tra tutte l'estrazione di fonti energetiche fossili con le tecniche offshore: gas e petrolio che contano per un terzo dell'estrazione mondiale, ma che rappresentano il 70% delle scoperte di giacimenti a livello mondiale degli ultimi anni. In ordine di importanza abbiamo poi il settore ittico, unico produttore di proteine animali che potrebbe aumentare la sua disponibilità in modo relativamente sostenibile attraverso allevamenti di pesce in mare. C'è poi una miriade di attività di impatto economicamente inferiore ma comunque non trascurabile: dalla crocieristica all'estrazione mineraria, dalla posa di cavi alle bio-prospezioni e alla desalinizzazione.
I principali rischi per gli ecosistemi marittimi sono determinati da fattori diversi ma sempre riconducibili al genere umano: si tratta del cambiamento climatico, dello sversamento di plastiche e della pesca industriale intensiva. Negli ultimi due decenni la Cina ha costruito la prima flotta peschereccia di acque profonde al mondo. Sono quasi 3.000 navi che rastrellano l'Oceano Indiano ed entrambi gli oceani al largo del Sud America. Agiscono spesso violando acque territoriali e senza rispettare nessun calendario riproduttivo. L'Ong Oceana ha conteggiato lo scorso anno 300 navi cinesi che pescavano al limite delle 200 miglia nautiche delle Galapagos. La fanno da padrone anche nell'Atlantico meridionale, una delle zone più pescose al mondo. Ora Pechino ha varato una "portaerei" della pesca, la Hai Feng 718. È una nave cargo refrigerata che fornisce rifornimenti a oltre 70 navi più piccole e ne raccoglie il pescato, in modo che non debbano tornare ai porti di partenza. Così si pesca sempre, senza dare tregua alla fauna marittima.
Tutto ciò accade perché il mercato mondiale del pesce è stato rivoluzionato dalla moda globale del sushi: oggi si mangia il 30% di pesce in più rispetto a pochi anni fa. Anche in questo settore, le mode globali e i Paesi che operano senza rispettare nulla vanno a braccetto: ciò che diventa cool nei migliori ristoranti di New York o di Milano è il risultato di uno sfruttamento delle risorse naturali condotto come se non ci fosse un domani.