di Giorgio Merlo
Il rispetto dell'opposizione e delle minoranze, da sempre, è il metro che certifica l'esistenza o meno di un regime di democrazia e di libertà. Nel nostro paese, come in tutto il mondo, questa era e resta la regola decisiva di ogni paese democratico e liberale. Come è del tutto scontato, nonché naturale, che l'opposizione lavori per ribaltare la situazione politica e tornare al più presto al potere. Ma, su questo versante, ci sono alcuni elementi che non possono non essere approfonditi alla luce del risultato elettorale del 25 settembre scorso. Per essere più chiaro, quando l'opposizione usa tutti gli strumenti pur di far saltare la maggioranza non ci troviamo di fronte ad un confronto politico normale e fisiologico ma ad una anomalia che non si può non denunciare. Mi riferisco a ciò che sta concretamente capitando nella situazione politica italiana dopo il responso delle urne. E cioè, piaccia o non piaccia, le recenti elezioni politiche sono state vinte dalla coalizione di centro destra. E, al riguardo, non si ricorda nella nostra storia democratica - recente e meno recente - una situazione dove l'opposizione si sta già organizzando prima ancora che il futuro governo venga insediato. Addirittura il Presidente della Repubblica deve ancora conferire l'incarico per la formazione del governo e la sinistra, in tutte le sue mille sfaccettature, è già partita all'attacco.
L'impressione che emerge, in tutta la sua virulenza, è che si tratta di una opposizione riconducibile allo slogan del "tanto peggio tanto meglio". Altroché la regola che dovrebbe caratterizzare una normale democrazia matura, ispirata al criterio dell'alternanza al governo. No, qui ci troviamo di fronte ad una situazione dove la delegittimazione morale e politica dell'avversario/nemico - che resta un dogma intoccabile nella storia politica della sinistra italiana - è la regola aurea che ispira i comportamenti concreti. Appunto, una opposizione riconducibile alle stagioni peggiori della democrazia italiana dove la logica degli "opposti estremismi" era la misura che caratterizzava i rapporti tra la maggioranza e l'opposizione.
Sarà questa, dunque, la regola che seguirà la sinistra politica, sindacale, culturale e religiosa nel nostro paese all'indomani del decollo del governo di centro destra democraticamente voluto dagli elettori italiani? Certo, se così fosse non dobbiamo poi lamentarci dell'ingerenza di vari esponenti politici europei critici con le politiche e le scelte della coalizione di centro destra. Ma quello che stupisce maggiormente, oltre a già pianificare l'opposizione prima ancora che nasca il governo, è che un'opposizione che giochi al "tanto peggio tanto meglio" in un contesto purtroppo caratterizzato da una inedita e preoccupante "questione sociale", rischia di innescare meccanismi e situazioni difficilmente controllabili. Perché quando la piazza, aizzata a comando, diventa il terreno principe del confronto politico sostituendo i luoghi deputati a declinare questa funzione, diventa francamente difficile ricondurre l'intera situazione alla normalità e allo stesso rafforzamento della democrazia. Se poi il tutto viene condito dalle cianfrusaglie post ideologiche "dell'allarme democratico", della "deriva illiberale" e del "rischio fascismo" molto cari, a giorni alternati, al segretario del Pd Letta e a tutti coloro che puntano deliberatamente a misconoscere il risultato elettorale, si crea una miscela che può realmente generare qualsiasi situazione. Nessuna esclusa con il rischio, più che concreto, di un ritorno di un passato triste e decadente. Almeno per la conservazione della qualità della nostra democrazia.
Ecco perché, alla luce di ciò che ascoltiamo e che registriamo ogni giorno da parte dell'universo della sinistra italiana - ripeto, della sinistra politica, culturale, sindacale, televisiva, editoriale e religiosa - persiste la speranza che tutto ciò abbia ancora una battuta d'arresto per favorire, al contrario, le ragioni di una normale dialettica politica tra la maggioranza e l'opposizione. Se, invece, il tutto dovesse essere sacrificato sull'altare della mera convenienza politica e della strumentalizzazione più becera, prepariamoci ad una stagione difficile e complessa per la nostra democrazia, le nostre istituzioni e, soprattutto, per la stessa efficacia dell'azione di governo.