di Giulio Nespoli
Abbiamo in casa un malato grave ma in pochi sembrano preoccuparsene. È il Mediterraneo, sempre più segnato da vari tipi d'inquinamento: un mare che ospita il 7,5% delle specie mondiali su una superficie pari allo 0,32% di tutti gli oceani e che negli ultimi decenni ha perso il 41% dei principali predatori marini.
Secondo una recente previsione del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (Ipcc), più di 30 specie endemiche rischiano di estinguersi entro la fine del secolo. Oltre il 50% di squali e razze è minacciato di estinzione e 13 specie si sono estinte localmente, soprattutto nel Mediterraneo occidentale e nell'Adriatico. Il 75% degli stock valutati soffre per la pesca eccessiva, un dato che consegna al Mediterraneo il triste primato di bacino con il più alto tasso di sovra sfruttamento al mondo.
Questo quadro della situazione emerge dall'Atlante per la pesca a strascico nelle aree protette del Mediterraneo https://atlas.medseaalliance.org/ curato dalla Med Sea Alliance, un'alleanza tra diverse organizzazioni che hanno sede nei Paesi che circondano il Mare Nostrum. È uno studio che, per la prima volta, mappa il Mare Nostrum e mostra le violazioni presunte e confermate della pesca a strascico nelle aree in cui questa è permanentemente vietata.
Pubblicato in vista della sessione annuale della Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo che si svolgerà a Tirana dal 7 all'11 novembre 2022, l'Atlante mostra oltre 350 aree permanentemente chiuse alla pesca a strascico mappate da MedReAct e utilizza dati, algoritmi e modelli sviluppati da Global Fishing Watch per valutare eventuali violazioni.
"La pesca illegale nelle aree protette mina le misure di gestione nazionale e regionale degli stock ittici, minaccia i mezzi di sostentamento dei pescatori che seguono le regole e danneggia gli sforzi di conservazione dell'ambiente marino", ha dichiarato Aniol Esteban, membro dello Steering Committee della Med Sea Alliance. Nel periodo gennaio 2020 - dicembre 2021, l'Atlante ha documentato una presunta attività di pesca a strascico in 35 aree protette del Mediterraneo, da parte di 305 pescherecci, per un totale di 9.518 giorni di pesca.
Per violazioni presunte si intendono quelle che Global Fishing Watch ha rilevato dai dati raccolti tramite il sistema di identificazione automatica Ais utilizzato per la sicurezza in mare, incrociati con il Registro della flotta dell'UE e con altri dati, per dedurre il comportamento dei pescherecci potenzialmente dediti alla pesca a strascico all'interno delle zone vietate. L'Ais è obbligatorio per tutte le imbarcazioni battenti bandiera di uno Stato europeo di lunghezza superiore a 15 metri, ma non tutte lo utilizzano costantemente e inoltre nel Mediterraneo meridionale non è richiesto dalla maggior parte degli Stati. Per questo motivo molte delle presunte infrazioni sono state riscontrate da parte delle flotte UE e i dati rilevati rappresentano solo la punta dell'iceberg e, con molta probabilità, sono sottostimati.
"L'analisi presentata nell'Atlante sulle presunte infrazioni rappresenta la punta dell'iceberg, poiché si basa solo sui dati AIS che non tutti i pescherecci utilizzano in modo costante", ha dichiarato Tony Long, ceo di Global Fishing Watch.
Inoltre l'Atlante illustra, sulla base di una ricerca condotta da MedReAct su dati riportati dai media e dalle autorità di controllo nazionali di Italia, Francia, Spagna, Turchia, Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, circa 170 casi di infrazioni confermate tra gennaio 2018 e dicembre 2020 e relative a Italia, Turchia, Francia, Algeria e Marocco.
In questo numero complessivo di violazioni rientrano quelle che riguardano l'Italia, unico Paese in Europa in cui l'autorità di controllo ha fornito dati, che tra gennaio 2018 e giugno 2021 ha registrato 85 infrazioni sanzionate, di cui 80 nelle zone di restrizione alla pesca istituite dalla Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo e 5 nelle aree marine protette.
Sempre in Italia, per quello che riguarda le infrazioni presunte in 178 aree chiuse alla pesca l'analisi dell'Atlas evidenzia possibili attività di pesca illegale in 14 aree protette da parte di 114 pescherecci dal 2020 al 2021.
A seguito di queste evidenze, i membri della Med Sea Alliance chiedono ai governi di proteggere efficacemente le aree chiuse dalla pesca a strascico attraverso una maggiore trasparenza nella comunicazione dei dati e la piena applicazione delle norme esistenti. E di mettere in atto un sistema di monitoraggio efficace tracciando tutti i pescherecci con il sistema Vessel Monitoring System (VMS) imponendo l'obbligo dell'Ais a tutte le barche di lunghezza superiore a 15 metri.
In concomitanza con la pubblicazione dell'Atlas, MedReAct ha pubblicato un approfondimento sulla Zona di Tutela Biologica (Ztb) delle isole Tremiti , corredato da un video dove sono state raccolte le testimonianze di piccoli pescatori locali e di altri conoscitori del posto che confermano ciò che i dati dell'Atlante mostrano, ovvero che i pescherecci entrano indisturbati a strascicare in aree che dovrebbero essere chiuse, mettendo a rischio sia l'ambiente marino sia l'economia di luoghi che da sempre fanno della piccola pesca il loro principale sostentamento.
"La nostra indagine sulla zona di tutela biologica delle Isole Tremiti rivela come quest'area sia protetta solo su carta anche per l'assenza di controlli, come denunciato dai piccoli pescatori che subiscono le incursioni illegali della pesca a strascico", ha dichiarato Domitilla Senni, responsabile di MedReAct.
Infine, per rimarcare la mancanza di gestione delle misure esistenti, MedReAct ha pubblicato un dossier che fa il punto, per la prima volta, sulla mancata gestione delle Ztb italiane e sulle carenze nell'applicazione del divieto di pesca a strascico nei siti Natura 2000.
"Si tratta di uno studio mai realizzato fino ad ora – dice Domitilla Senni – che mette in evidenza come nelle acque italiane del Mediterraneo le zone tutelate, nella maggior parte dei casi, lo sono solo su carta. L'Italia, infatti, pur avendo istituito una vasta rete di aree chiuse allo strascico ne ha totalmente trascurato la gestione. Le aree protette, se ben gestite, potrebbero contribuire al risanamento degli stock ittici e al futuro di una pesca più responsabile".