di Gianni Del Vecchio
"Ho incontrato Giorgetti ieri, penso che entro la fine della settimana faremo un'altra riunione. Quello che ci siamo impegnati a fare, faremo. Con il consenso di tutti. E quindi l'avvio di Quota 41, l'aumento del tetto della flat tax, la revisione del reddito di cittadinanza, la pace fiscale". Parola del vicepremier di questo governo, Matteo Salvini. Messa così sembra quasi che l'esecutivo sia in procinto di soddisfare tutte le promesse di campagna elettorale, almeno sul piano economico. Quanto c'è di vero e quanto di propaganda nell'ennesimo annuncio del Capitano leghista? Beh, basta fare un po' di chiarezza sui singoli dossier per capire come la proporzione sia 90 a 10. Attenzione però: 90 è la quota di propaganda, 10 è di realtà, non il contrario. Del resto, basta prendere le parole del leghista e stretto collaboratore di Salvini, Claudio Durigon, per capire quanto il leader del Carroccio stia prendendo per il naso gli italiani.
Andiamo con ordine. Partiamo dalle pensioni. Il governo si trova nella situazione di dover evitare che la legge Fornero torni a essere l'unico modo per andare in pensione dal prossimo primo gennaio: il che significa che prima dei 67 anni nessun lavoratore potrà aver diritto a chiudere la sua vita lavorativa. Ebbene, l'esecutivo Meloni sostanzialmente sta pensando a un meccanismo che renda un po' più flessibile Quota 102 ideata da Draghi, cioè quella norma che permette per il solo 2022 il pensionamento anticipato a chi ha 64 anni d'età e almeno 38 anni di contributi (la somma fa appunto 102). In particolare Durigon sostiene che nella manovra sarà inserita una norma che permette a chi ha 41 anni di contributi di andare in pensione a patto però che abbia almeno 61 o 62 anni d'età (la somma non cambia ma anzi aumenta, visto che si arriva a 102 o addirittura 103). Quindi più correttamente si può dire che per il 2023 Giorgetti e Meloni prevederanno un restyling di Quota 102 di Draghi. Nulla di più, nulla di meno. Uno scenario molto diverso da quello previsto da Salvini e dal suo programma elettorale, che vede come requisito per la pensionabilità Quota 41 secca, a prescindere dall'età anagrafica. Perché il governo ha preferito una misura molto più light? Semplice, non ci sono soldi. Come lo stesso Durigon ha confermato, per le pensioni anticipate quest'anno c'è meno di un miliardo da spendere, visto che il grosso della manovra andrà a finanziare la lotta al caro-bollette e all'inflazione. Pochi soldi, per poche persone: è previsto che possano usufruirne circa 40mila lavoratori in tutta Italia. E si tratta di stime sicuramente per eccesso, visto che di solito non tutte le persone che hanno il diritto a riposarsi prima del previsto poi lo fanno. Anche qui il motivo è piuttosto semplice: per andare in pensione anticipata, i lavoratori devono lasciare sul tavolo un pezzo del proprio futuro assegno e, per quanto piccolo possa essere, di questi tempi il taglio preventivo si fa sentire. Non a caso sulle 16mila persone che Draghi aveva previsto per Quota 102, alla fine quest'anno sono andate in pensione anticipata solo la metà. E lo stesso andamento potrebbe venir replicato da "Quota 102 flessibile" ideata dalla coppia Salvini-Meloni. Insomma, stiamo parlando di numeri bassi, sia per persone coinvolte che soldi stanziati.
Anche sulla revisione del Reddito di cittadinanza la distanza fra l'annuncio roboante di una sua abolizione fatto in campagna elettorale e la concretezza delle misure proposte è siderale. Ci viene in soccorso ancora Durigon che a domanda risponde: "L'assegno sarà sospeso di sicuro per sei mesi all'anno, se si rifiuta l'unica offerta di lavoro oppure non si seguono i corsi di formazione che vogliamo potenziare. Ma non prevediamo un'applicazione retroattiva delle nuove norme. Non toglieremo da gennaio l'assegno a nessuno, almeno non dall'oggi al domani". Qui il fatto che si farà davvero poco sulla riforma è ancora più evidente. Intanto perché si parla ormai solo di una sospensione per sei mesi del Reddito di cittadinanza e non più di perdita del diritto tout cour, come se fosse una semplice ammonizione nei confronti del percettore indisciplinato. E poi la sospensione la si lega a una doppia opzione: o il rifiuto di un'offerta di lavoro o il rifiuto di partecipare a corsi di formazione. Ora, è abbastanza evidente che pochissime persone si troveranno in questa situazione, un po' perché partecipare a un corso non è un impegno così gravoso a fronte di un assegno mensile, un po' perchè di offerte di lavoro, che peraltro devono essere congrue e non troppo distanti dal luogo di residenza, arrivano davvero poche ai beneficiari. Il grande flop dei navigator e la cronica incapacità dei centri per l'impiego di trovare lavoro a chi lo chiede in Italia dovrebbero aprirci gli occhi sulla reale efficacia della proposta Durigon. Probabile, quindi che alla fine quasi tutti i percettori continueranno a incassarlo, almeno per il 2023.
Infine la flat tax. Nella manovra bene che vada verrà inserito l'innalzamento della soglia di reddito per le partite Iva che ne possono beneficiare, da 65mila euro lordi a 85mila. Così come si sta lavorando per la flat tax incrementale, ovvero tassare in modo forfettario al 15% solo gli aumenti salariali di dipendenti e autonomi. Anche in questo caso si tratta di misure che non solo sono lontanissime dalle promesse elettorali ma ancora una volta andranno a beneficio di poche persone, perché poche sono le risorse di bilancio da investire. In particolare, la flat tax incrementale è quasi inutile in un paese come l'Italia in cui gli stipendi, pubblici ma anche privati, sono bloccati da anni, figurarsi in un momento di crisi e di recessione alle porte come questo, in cui le aziende hanno voglia di tutto tranne che aumentare il costo del lavoro.
Insomma, sui tre capisaldi del programma di centrodestra, Salvini, Meloni & co. porteranno a casa le briciole quest'anno. Al netto dei soldi previsti per frenare il caro energia, 21 miliardi, il resto della manovra sarà solo una breve successione di piccole inutili bandierine a favore di telecamera. Ma, come ormai abbiamo capito, al Capitano leghista tanto basta.