....di predire quello che avverrà domani, la prossima settimana, il prossimo mese, il prossimo anno. E l'abilità di spiegare perché non si è verificato. Lo diceva Winston Churchill, che aveva ambedue le doti, assolutamente necessarie a tenere insieme un popolo impaurito, affamato e stanco, e portare la Gran Bretagna alla vittoria nella II Guerra mondiale. Questa frase è anche la migliore esortazione da mettere in pratica per improntare la "comunicazione politica" dei partiti e dei loro leader. Bisogna pianificare con anticipo. C'è chi si è preparato usando i primi anni in sella ai neonati vaffa' per occupare con cura il maggior numero di spazi possibili all'interno dei media più importanti, come la RAI. C'è chi si è costruito un impero mediatico prima di scendere in campo adottando come nome, per battezzare il suo orticello, l'augurio più caro a tutti gli italiani quando gareggia la nostra Nazionale. Editori e giornali si sono accaparrati l'appoggio delle diverse compagini elettorali e le hanno ricompensate con presentazioni edulcorate della realtà, ad usum delphini, vale a dire a favore del reuccio o, ultimamente, della regina di turno. Questa programmazione e la destrezza nel raccontare tutto e il contrario di tutto diventano fondamentali anche dopo le consultazioni elettorali, specie quando cambiano totalmente i detentori del potere, anche a causa di scelte protagonistiche dei soliti accentratori, che non si smentiscono mai e sono pronti a saltare sul carro del vincitore anche se si è fatto tatuare sul braccio destro l'antico simbolo dell'impero romano. In ogni competizione c'è chi vince e c'è chi perde. Ma ci sono anche quelli che, senza alcuna ragione concreta, raccontano la favola dell'essere fondamentali. Ci sono invece quelli che, pur guadagnando qualcosa rispetto alle elezioni precedenti, finiscono per diventare i soli sconfitti, dato che non hanno "l'abilità di spiegare" perché non hanno avuto maggiore successo. L'Italia non è un Paese facile da governare. Giulio Andreotti, che ne sapeva qualcosa, ha detto: "Non è soltanto impossibile governare l'Italia, è inutile". E lo scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton ammoniva, agli albori del Novecento: "Nessuno può far diventare gli italiani realmente progressisti: sono troppo intelligenti". Ciò detto, abbiamo visto e sperimentato la scalata al potere di una premier, che ha usato un linguaggio semplice e ruspante per raccogliere consensi e trasformarsi in leader del partito italiano più forte, salvo passare alle dichiarazioni ufficiali da Presidente del Consiglio in carica, subito dopo la cerimonia della campanella. L'ex rottamatore si è unito al transfuga dal partito che gli aveva regalato (per mano dello stesso rottamatore, allora in sella) nientepopodimeno che il Ministero dello Sviluppo economico, visti i suoi trascorsi da business manager. Insieme hanno costituito l'autonominatosi "terzo polo", promettendo un'immediata scalata al 15% delle preferenze. Sono arrivati al 6,9% o giù di lì, ma parlano e si comportano da ago della bilancia per una maggioranza che non ha alcun bisogno di loro. Il trumpiano "Giuseppi!", altrimenti definibile uomo per tutte le stagioni, vale a dire per tutti gli accrocchi di simboli e bandiere purché lo nominino Presidente del Consiglio, perde più del 50% dei voti ottenuti dal M5S nel 2018 e si atteggia a trionfatore, pontificando a mille decibel su tutte le televisioni ancora attive in Italia. Il Segretario del secondo partito italiano, invece, che dopo tutto ha guadagnato un 1,5% di gradimento sulle elezioni del 2018, diventa l'unico perdente di questa kermesse di bugie di chi aveva promesso il massimo e non è riuscito a mantenere. La TV di Stato si è immediatamente adeguata, facendo parlare in diretta soltanto i gladiatori mangiati dai leoni dell'assenteismo, ma rinati, come l'araba fenice, dalle loro stesse parole ed eternamente circondati da un codazzo di persone. Il pensiero del grande capo democratico viene invece narrato da una voce fuori campo, mentre lo si vede entrare da solo nella sede del partito che tanto democratico non è più, dato lo sciacallaggio delle interne correnti, correntine, correntizie, ambizioni, vittimismi e rabbie per non essere stati davvero performanti. Gli amici italiani che vivono all'estero ci raccontano che il TG3, che si suppone vicino al centrosinistra, è sparito dal palinsesto di RAI Italia, mentre il TG2, governato dall'uomo del Papeete insieme al nativo di Volturara Appula, viene trasmesso almeno due volte al giorno, e il pensiero della notte è fornito da RAI News 24ore, apparentemente pro-forzista/azioniano/italvivista in questo rigurgito di ricostituzione della balena bianca, ridotta a viver la vita del primo PSI craxiano, utile ma non sempre indispensabile, in attesa di tornare alle incoronazioni del passato. E ci meravigliamo che la gente non vada a votare? Forse tutti loro non si sono accorti che da quando è scoppiato il COVID, l'intero sistema di contatto interpersonale è radicalmente cambiato. Negli arresti domiciliari, cui ci ha costretto la pandemia, l'unico rapporto con il mondo esterno è stato, per troppo tempo, il cellulare con la sua miriade di dialoghi della durata di pochissime parole digitate al volo e condite di emoticon. Non sappiamo più scrivere perché abbiamo smesso di leggere. Viviamo di pillole sonore, di immagini e chatroom, di pettegolezzi (i piccoli peti del dialetto veneziano) e del costante assalto dei social. Quanti di noi non ne cancellano centinaia al giorno sul telefonino? Il mondo che viveva della cultura del pensare e del dire è in via di estinzione. Nessuno voterà più i sani princìpi filosofico-politici sciorinati al microfono su un palcoscenico semivuoto davanti al pubblico di una convention. I votanti hanno subìto il lavaggio del cervello delle sound bites e degli sms. Come ci si salva? Come si riportano gli elettori alle urne? Ricominciando a parlare a una persona per volta, ad ascoltare quello che ha da dire, a rispondere chiedendo suggerimenti, idee, potenziali soluzioni. In poche parole, ridando dignità a ogni individuo e al suo modo di essere e di volere.
(Carlo Cattaneo)