Il 2023, appena iniziato, sarà - per il cinema e per Rimini - un anno molto felliniano in cui andranno ad intrecciarsi diverse date simbolo della parabola artistica e di vita del regista romagnolo a partire dal 30/o anniversario dalla sua scomparsa avvenuta il 31 ottobre del 1993. Allora, in una piazza Cavour gremita, a due passi da quel cinema Fulgor restaurato e riaperto nel 2017 in cui il giovane maestro - seduto sulle ginocchia del nonno a guardare 'Maciste all'inferno' - scopriva la magia del grande schermo, il saluto più dolce e spontaneo era stato un grido, a risuonare nel silenzio: 'vai, Federico'. L'ultimo saluto - affettuoso - della città che la sua fantasia di cineasta ha consegnato per sempre alla storia con quell''Amarcord', Oscar nel 1975, che ha portato sul grande schermo il natio borgo San Giuliano; il Grand Hotel e il mare solcato dal 'Rex' luccicante; la passeggiata del porto - che a Rimini chiamano la 'palata' - e il 'Fulgor', teatro dell'innamoramento per il cinema.
Luoghi resi immortali seppur ricostruiti a Cinecittà, forse più consona - tra cartapesta e fondali posticci - a dare corpo all'universo onirico felliniano e a ricreare - seppur con il distacco di centinaia di chilometri - quell'intimità con la sua gente: le facce del borgo, le 'azdore romagnole', i vitelloni, i pescatori e i 'pataca', i signori in 'smoking' sulla terrazza del Grand Hotel. Ritratti che hanno costellato l'immaginario di Fellini, volato a Roma verso la grandezza ma sempre legato, dal ricordo, a quella cittadina sull'Adriatico che ha nutrito i suoi sogni di ragazzo. Adesso Rimini - che nel frattempo ha dedicato al regista un 'museo diffuso', il 'Fellini Museum' che si snoda tra il quattrocentesco Castel Sismondo ideato tra gli altri dal Brunelleschi; Piazza Malatesta e il Palazzo del Fulgor - si appresta a celebrare un caleidoscopio di emozioni: il trentennale della morte, appunto; i 60 anni dall'uscita nelle sale di '8 1/2'; i 70 anni dal debutto de 'I Vitelloni', i 40 anni de 'E la Nave va', unico film del cineasta presentato in anteprima a Rimini alla sua presenza e soprattutto, i 50 anni di 'Amarcord'.
Forse la pellicola più amata dal pubblico, capace di stregare i giurati dell'Academy con un nonno che parla in dialetto e si perde nella nebbia e quella espressione tutta romagnola 'Amarcord', 'Io mi ricordo', finita pure sui vocabolari e sulla Treccani a indicare "il ricordo, la rievocazione nostalgica del passato" e divenuta, non senza una vena di ironia, di uso comune nella vita di tutti i giorni. Nel 2023, osserva il sindaco di Rimini, Jamil Sadegholvaad, cadrà "ricorrenze che, nei prossimi mesi, saranno al centro di una serie di iniziative in linea con lo spirito che muove il 'Museo Fellini' dalla sua ideazione, andando cioè oltre la celebrazione fine a se stessa, ma cogliendo l'occasione per riflettere su Rimini e sulla sua identità, che ha in Fellini un suo perno. Per capire ad esempio, quanto 'Amarcord' abbia saputo fissare il carattere dei riminesi o se invece - chiosa - non sia stato 'Amarcord' in qualche modo a condizionare anche l'immaginario della nostra città e di chi la vive". E nel segno del regista, a Gambettola - a un tiro di schioppo dall'Arco d'Augusto, nel Cesenate - è da poco tornata a nuova vita 'Casa Fellini', casolare di campagna cui vissero i nonni di Federico e dove lui stesso trascorse parte dell'infanzia. Rinata come 'bottega culturale' e residenza dedicata alle arti del cinema, del circo e del teatro.