Franco Esposito
Accade in Italia, dove la giustizia procede a passo di lumaca, Incredibile in Val d'Aosta: un ex consigliere regionale è andato assolto in appello dopo novecento giorni da recluso. Marco Sorbara involontario attore protagonista di questa storia tipicamente italiana. Arrestato il 23 gennaio 2019 nell'ambito di un'operazione anti ndrangheta in Valle d'Aosta, venne condannato in primo grado per "concorso esterno alla 'ndrangheta". Assolto poi in appello, a differenza di altri presunti imputati.
"Libero", urla ora con tutta la gioia possibile. "La verità venuta fuori. Meno male che ho avuto sempre fiducia nella giustizia". In cella ha pensato tante volte al suicidio. "Mi hanno negato cinque volte la libertà perché ritenuto pericoloso. Ho perso venticinque chili in otto mesi di carcere".
Colpevole e condannato in primo grado a dieci anni, poi assolto in appello e anche in Cassazione. Arrestato lui e altri politici, scoperto un locale della 'ndrangheta, sempre segnalata in Val d'Aosta, però mai scovata fino a quel momento. "Rifarei tutto uguale, ho fatto politica girando di città in città, ascoltando la gente, sono andato in Calabria". Il grido di dolore e il rammarico, la rabbia postuma al giorno successivo all'assoluzione. Un incubo durato novecento giorni.
Il comune di Saint-Pierre, in Val d'Aosta, fu commissariato, laddove l'amministrazione comunale venne fuori pulita dai controlli della commissione ministeriale. Le condanne furono pesanti; una sola assoluzione, quella di Marco Sorbara. La Cassazione ha respinto due giorni fa il ricorso contro la sua assoluzione; la condanna di altri quattro imputati è stata annullata. Il processo ricomincerà in Appello a Torino. Le altre condanne verranno giudicate per rito abbreviato dalla Corte Suprema ad aprile.
Marco Sorbara ripensa a quei giorni da recluso, in carcere e agli arresti domiciliari. "Trentatrè giorni senza incontrare la mia famiglia. Pesano, caspita se pesano, Potevo incotrare solo mio fratello Sandro, il mio avvocato, per fortuna". Sembra fortemente intenzionato a chiedere un risarcimento allo Stato. "Ho perso tutto, anche la mia serenità. E mia madre, devastata. Le banche hanno congelato i conti subito dopo il mio arresto. Cliente indesiderato".
Racconta di aver imparato a essere forte, "Dopo essere stato preda della paura, però". Il terrore dell'innocente in galera senza capire il perchè: vi assicuro, è terrificante. La gente come l'ha guardato e come lo ha giudicato? "Mi ha sorpreso, ho avuto grande solidarietà. Ho trovato aiuto nella mia famiglia e nella fede. Ho cominciato a leggere e a scrivere. Ho scritto un diario, ma fino ad ieri, giorno della sentenza di assoluzione, non sono riuscito ad aprirlo. Adesso lo riscriverò al computer".
Si riprende la sua vita, basta ombre e dubbi. Dal giorno dell'arresto sono passati 1.146 giorni. Sorbara è stato in carcere a Biella, otto mesi, e quarantacinque in isolamento. "A volte ho perso la testa". Ma com'è che si è ritrovato con l'accusa di fiancheggiatore della 'ndrangheta? Accusato di mafia. "Quando sei innocente, la sola domanda ti spaventa. Di più, ti devasta".
Dice di aver letto e riletto la sentenza del 16 settembre 2020. Sorbara condannato a dieci anni e 500mila euro di risarcimento. "Mi chiedevo e mi chiedo, colpevole di che?". Si è letto le 70mila pagine in quarantadue fascicoli e si è detto: "ma io cosa ci faccio in cella?".
La trama di un film, la sceneggiatura di un lavoro cinematografico. Invece è l'odissea di un politico calabrese in Val d'Aosta condannato forse per una frase. La conversazione con su un lavoro da fare quando lui era assessore al comune di Aosta. Parlò al telefono di un "lavoretto".
Ritiene l'episodio incredibile e folli le conseguenze che ne sono scaturite. Incontrò la persona per strada, poi quella telefonata. "Mi chiese se c'erano lavori da fare e io lo indirizzavo al dirigente. Tutto finì lì. Quel lavoro non fu mai fatto, Ho chiesto più volte conto e ragione ai giudici, non ho ricevuto spiegazioni".
In Calabria – e non è un sussurro, ma qualcosa di molto serio- avrebbe portato mobili dismessi dal Comune di Aosta. "Il classico fraintendimento anche questo. Ai giudici ho raccontato tutto, cosa facevo, chi incontravo, Mai creduto, purtroppo, Ma alla fine la verità, quella vera, è venuta a galla. Sono una persona libera, ora".
Libera, dopo aver scontato indebitamente oltre novecento giorni di galera, aver subito una condanna a dieci anni per mafia, e il verdetto di assoluzione in Appello e in Cassazione.
Se questa non è roba da film, una migliore non c'è.