di Matteo Forciniti
Più che giustizia, il recente verdetto della Procura di Roma sulla morte di Luca Ventre suona come una beffa per i familiari della vittima che sperano di poter ribaltare presto il verdetto: la Procura ha chiesto l'archiviazione del poliziotto uruguaiano accusato di aver ucciso Luca la mattina del primo gennaio del 2021 all'interno dell'Ambasciata italiana a Montevideo anche se su questa storia non è stata scritta ancora la parola fine.
Ruben Dos Santos, il poliziotto che era stato iscritto nel registro degli indagati dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, al momento è riuscito a farla franca nonostante gli elementi di prova raccolti contro di lui. A salvare l'autore del violento placcaggio durato 37 lunghissimi minuti c'è solo il fatto di non essere mai stato presente nel territorio italiano, una condizione, questa, indispensabile per intraprendere un'azione penale per un reato di omicidio commesso all'estero da uno straniero ai danni di un cittadino italiano.
"Dopo 24 mesi di battaglie legali e l'assoluta nullità dell'Italia, per mano del procuratore Colaiocco, Luca viene ucciso una seconda volta" afferma duramente Fabrizio Ventre, fratello della vittima. "L'esito assurdo e disarmante contenuto nella richiesta di archiviazione consegnata alla famiglia il 23 dicembre come stupendo regalo di Natale è questo: la procura di Roma ringrazia la famiglia per aver svolto tutte le indagini e sostenuto un'infinità di azioni legali. Non abbiamo dubbi sulla morte di Luca così come non abbiamo dubbi su chi sia l'assassino e dove si trovi. Ma siccome siamo l'Italia, che non conta nulla all'estero perché infarcita di incapaci su tutti i livelli, non faremo nulla a meno che l'assassino non si presenti spontaneamente in Italia per essere condannato. Tradotto: occhio ad andare all'estero che se vi capita qualcosa, questo paese si farà sentire solo per chiedervi quanto speso per il rientro della Salma".
Fabrizio è imbufalito e attacca l'operato dei giudici romani ritenuti "imbarazzanti sotto ogni punto di vista". Chiama in causa anche e soprattutto l'Ambasciata di Montevideo su cui ritiene che debba indagare la magistratura per accertare eventuali responsabilità: "Verremo a chiedere conto sulle gravi omissioni già incluse nella richiesta di archiviazione e le mancate indagini sull'operato dell'Ambasciata volutamente omesse". "In quel momento" -rincara la dose Palma Roseti, madre di Luca- "la nostra sede diplomatica era in balia di personale poco informato e poco formato. I poliziotti del paese ospitante entravano e uscivano dalla sede senza autorizzazioni di nessun genere. Chi ha autorizzato di portare via Luca senza alcuna assistenza medica?".
La famiglia annuncia comunque che presenterà a breve il ricorso contro il verdetto della Procura al Gip romano, ossia il giudice per le indagini preliminari: "In questi giorni gli avvocati stanno preparando il tutto per presentare il ricorso entro i tempi stabiliti. Tra fine gennaio e inizio febbraio contiamo di poter prestare la richiesta".
Ma cosa ha spinto il procuratore Colaiocco -lo stesso che indaga sul caso Attanasio e sul caso Regeni- a chiedere l'archiviazione del poliziotto uruguaiano? "Il delitto per cui si procede" -scrive il pubblico ministero nelle motivazioni depositate il 22 novembre 2022- "richiede, in ossequio all'articolo 10 del codice di procedura penale, perché sia esercitabile l'azione penale, due condizioni: in primo luogo la richiesta di punizione da parte dei familiari della parte offesa o del Ministero della giustizia; in secondo luogo la presenza del reo sul territorio nazionale. Orbene nel presente procedimento vi è, quanto al primo presupposto, sia la querela dei prossimi congiunti, della parte offesa sia la richiesta di procedere del Ministero della giustizia. Quanto al secondo dei presupposti richiesti invece, deve rilevarsi, che l'indagato non risulta essersi mai recato sul territorio nazionale". "Considerato quanto sopra e rilevato" -conclude il pubblico ministero- "che malgrado gli elementi probatori siano... idonei... a sostenere il giudizio, la responsabilità dell'indagato per il delitto in esame non risulta, almeno allo stato, nel nostro ordinamento, procedibile per assenza dell'indagato sul territorio nazionale".