Franco Esposito
La laurea non paga. Il diploma neppure. I titoli di studio non danno diritto al lavoro. In Italia trionfa la precarietà. Domina la napoletanissima arte di arrangiarsi, in nome dello stipendio da portare a casa. Capita quindi che un laureato in architettura si ritrovi barman e un'avvocatessa si adatti – brillantemente peraltro – a svolgere mansioni da impiegata. "Esercitare la professione era il mio grande sogno, poi ho vinto un concorso per un posto da impiegata. Guadagno il doppio", rivela con disinvoltura massima Francesca, bresciana di 30 anni, laureata nel 2020 e gli esami di Stato da avvocato superati con successo, ovviamente.
In Italia siamo al cospetto di professionisti pagati come rider. Persone che dopo anni di studio lavorano dieci ore al giorno per guadagnare (guadagnare?) mille euro al mese. Un autentico far west di bassi salari. Precari con poche competenze. "Prima ero un galoppino, ora mi sento valorizzato", si rallegra con se stesso Giordano, barman di Centocelle, l'Once, locale alla moda del quartiere. Architetto laureato alla Sapienza, ha esercitato la professione per anni, ha scelto di operare nel settore del beverage. "Prima paghe basse sperando poi di migliorare, ma mi illudevo".
Precari lavoratori dei call center o over 50 disoccupati, nonostante il possesso di una laurea e l'appartenenza a un ordine professionale, "Siamo in presenza di un vero e proprio campanello d'allarme per l'occupazione giovanile", è l'opinione preoccupata di Confprofessionisti. In Italia le persone in possesso di laurea specialistica sono il 16,5%: è un record: superate Germania, Svezia, Regno Unito. Laddove il reddito medio annuale di professionisti è di poco superiore a quello dei lavoratori che effettuano le consegne. La maggior parte è compresa nella fascia tra 25 e 44 anni. Ma quali sono i guadagni?
Quelli che aderiscono alla flax tax stanno a tra i 12 e i 16mila euro l'anno. Al Sud guadagnano meno. Il divario tra uomini e donne è di 3mila euro. E l'associazione dei giovani avvocati denuncia che gli iscritti all'albo guadagno tra i 700 e i 1500 euro. Il reddito di un architetto, a cinque anni della laurea, è di 1.188 euro. I più giovani spesso si adattano a prestare servizio per studi di colleghi affermati senza essere retribuiti nella misura corretta. Come dovrebbero.
Il giovane collaboratore di uno studio viene pagato con patita Iva solo per i lavori che trova lui stesso. Quindi, senza contributi previdenziali, malattia e disoccupazione. Nel 2022 gli under 35 che hanno fatto una partita Iva sono 250mila. Il Covid ha poi provocato una forte crisi: i giovani non sono più disposti allo sfruttamento e decidono di emigrare, rifiutando paghe da fame. E in molti casi cambiano mestiere.
I minimi tariffari non esistono più, smantellati dalle liberalizzazioni promosse da Bersani nel 2006. Il decreto è stato aggirato in maniera perfino disinvolta. Le grandi imprese hanno chiara la forza di imporre la parcella. Intanto, quindici giorni fa, il Parlamento ha approvato all'unanimità un provvedimento sull'equo compenso. Molto simile, decisamente affine nei contenuti con quello depositato alla Camera la passata legislatura.
Il disegno di legge è ora all'esame del Senato. Si tratta di cosa? É presto detto: il ddl fissa come "determinare compensi proporzionati" nei confronti dei professionisti che lavorano con la Pubblica amministrazione, banche, imprese con oltre cinquanta dipendenti o più di dieci milioni di ricavi e assicurazioni. La proposta parlamentare viene valutata positivamente dagli ordini professionali, Ma a fronte c'è la richiesta di allargare le nuove regole sulle prestazioni professionali a "una platea più vasta".
Positivi il commento e la reazione dell'Ordine degi Architetti. Comunque parziale l'approvazione delle misure approvate dal Parlamento della Repubblica. "L'applicazione va ampliata a tutti i tipi di committenti. Serve a restituire dignità al lavoro degli architetti, in sofferenza dopo l'abolizione delle tariffe, che ha prodotto la riduzione dei compensi in modo ingiustificato. Registriamo paradossali episodi di gara che prevedevano la prestazione gratuita da parte dei professionisti".
I giovani laureati sperano in una inversione di tendenza. "Purtroppo, a tutt'oggi, non si privilegiano i meriti, prendono a lavoro solo chi costa meno". Da qui l'idea di dimettersi, di voltare le spalle alla professione sognata, e di abbracciare, quando è possibile, un lavoro diverso. Ma la sottoccupazione non colpisce solo chi è poco qualificato. Investe una moltitudine di giovani laureati.