di Bruno Tucci
Quali sono le novità? Alessandro Cattaneo non è più il capogruppo alla Camera, viene sostituito da Paolo Barelli, un ex nuotatore attualmente presidente della FIN. Che, a dire il vero, non è un nome molto conosciuto nell'opinione pubblica. Cattaneo diventa invece il vice coordinatore nazionale del partito. Che cosa vuol dire? Si tratta di una promozione o di una bocciatura? Già il sostantivo "vice" la dice lunga sulle responsabilità che dovrà avere l'ex capogruppo del partito. Vice vuol dire spesso poco o nulla.
Nel bailamme delle cariche Licia Ronzulli rimane la capogruppo al Senato, ma non è più la coordinatrice di Forza Italia in Lombardia, regione assai cara al Cavaliere. Al suo posto Alessandro Forte, altro politico che molta gente non conosce. La metamorfosi ha un ultimo anello: cambiano sette responsabili regionali, una iniziativa di tutto rispetto.
Le mosse di Silvio lasciano di stucco non soltanto i commentatori e gli editorialisti di politica interna, ma gli stessi collaboratori più stretti di Berlusconi che non avevano mai paventato una mossa del genere. Ora l'interrogativo che molti si pongono è questo: parché? Per quale ragione, quasi in sordina, il Cavaliere ha voluto un simile ribaltamento? Non è una domanda di poco conto. Si possono fare solo supposizioni basate soprattutto sull'orgoglio e la personalità del "number one" di Forza Italia.
E' da tempo che il Cavaliere ingoia rospi ed è costretto a dire si anche quando la pensa in modo contrario. Il fatto è che lui ha sempre primeggiato, non ha mai avuto rivali che potessero oscurarlo. Oggi, al contrario, è il fanalino di coda di una coalizione di centro destra che porta da vecchia data la sua firma. Vogliamo ricordare che cosa avvenne alla fine degli anni novanta? Fu lui a contrastare la sinistra ed a batterla in modo clamoroso.
Se adesso, il nuovo corso della politica gli ha voltato le spalle deve farsene una ragione e non trovare cavilli che possano intralciare il governo guidato da Giorgia Meloni (giovanissimo ministro con il Cavaliere premier). Sono così comprensibili alcune uscite che hanno scombussolato l'alleanza e messo in agitazione il presidente del Consiglio. Ricordiamo ad esempio quando se ne uscì rispondendo ai giornalisti che se fosse seduto sulla poltrona di Palazzo Chigi non avrebbe mai voluto incontrare o addirittura andar a far visita a Zelensky. Oppure la sua opinione su Putin, un vecchio "amico" con cui aveva condiviso piacevoli giornate trovandosi con lui d'accordo su molti argomenti di politica estera.
Esssere oggi il terzo di una coalizione di tre partiti conservatori? Mai e poi mai. Lo dimostrò anni fa quando Matteo Salvini, allora primo come preferenze nell'alleanza, uscì dopo aver incontrato per le consultazioni il presidente della Repubblica.
Mentre il leader della Lega parlava Berlusconi enumerava gli argomenti concordati con gli alleati. Come a voler dire: Salvini parla, ma sono io a far da traino al gruppo. Stando così le cose e cercando in tutti i modi di capovolgere la situazione ora Silvio mette mano al partito perché, a suo avviso, coloro che hanno avuto fin qui posti di rilievo debbono mettersi da parte.
Se, al contrario, il Cavaliere, con una mano sul petto, decidesse di fare un esame di coscienza dovrebbe riconoscere che i giorni di una "grande gloria" riguardano soltanto il passato. Ma non per una questione anagrafica: alla sua età ci sono moltissime persone che non hanno smesso di stare sulla cresta dell'onda.
Più semplicenente perché anche in politica un cambio della guardia è a volte indispensabile. Lo vogliono i cittadini, cioè gli elettori che desiderano respirare aria nuova. Giorgia Meloni potrebbe rappresentare questa novità? Da quel che si evince oggi assolutamente si.