Nei vigneti italiani servono almeno ventimila lavoratori per garantire le operazioni colturali primaverili e la prossima vendemia, colmando la mancanza di manodopera che ha duramente colpito le campagne lo scorso anno con la perdita rilevante dei raccolti agricoli nazionali. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti diffusa in occasione della visita della premier Giorgia Meloni al Vinitaly, dalla quale emerge come il vitivinicolo nazionale sia una componente importante del totale dei centomila lavoratori che mancano all’agricoltura.
Si tratta infatti – sottolinea Coldiretti – di un settore ad elevata intensità di lavoro con operazioni difficilmente meccanizzabili che richiedono manualità e professionalità, con un bisogno medio di 80 giornate lavorative, fra coltivazione e vendemmia, secondo una stima Coldiretti. Una parte centrale è rappresentata proprio dal lavoro stagionale con picchi di domanda nei periodi della vendemmia – rileva la Coldiretti – che sono sempre stati garantiti grazie a lavoratori provenienti da altri paesi che si fermano in Italia per qualche mese, tornando anno dopo anno con reciproca soddisfazione. Coldiretti stima che nelle vigne un lavoratore su sei sia straniero con molti “distretti agricoli” dove gli immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso – spiega la Coldiretti – della preparazione delle barbatelle in Friuli, o della raccolta dell’uva in Piemonte, Veneto, Toscana e le altre regioni del vino. Ma forte è anche la presenza di giovani sotto i 35 anni – precisa la Coldiretti –, che rappresentano quasi un terzo del totale degli occupati nelle campagne.
La pandemia e la guerra hanno complicato la situazione, determinando una carenza di manodopera che ha provocato situazioni di difficoltà con le imprese che, negli ultimi anni, hanno avuto problemi a trovare i collaboratori necessari per potatura e raccolte, dovendo spesso rinunciare a parte della produzione che deve essere assolutamente raccolta quando matura. L’ultimo decreto flussi con l’ingresso di quarantaquattromila stagionali si è dimostrato insufficiente a colmare la domanda di lavoratori nei campi ed è urgente dunque – rileva Coldiretti – l’emanazione di un nuovo decreto per assicurare la disponibilità di manodopera.
Ma nelle campagne in vista della vendemmia c’è posto anche per studenti, pensionati o disoccupati che vogliono trovare una occasione di reddito e fare una esperienza all’aria aperta a contatto con la natura, grazie al nuovo sistema di prestazioni occasionali introdotto nell’ultima Manovra che porta una rilevante semplificazione burocratica per facilitare l’avvicinamento al settore agricolo.
Una opportunità – spiega Coldiretti – per pensionati, studenti, disoccupati, percettori di Naspi, reddito di cittadinanza, ammortizzatori sociali e detenuti ammessi al lavoro all’esterno con l’unico limite determinato dalla durata della prestazione che non potrà superare, per singolo occupato, le 45 giornate di lavoro effettivo all’anno e non aver già lavorato in agricoltura.
Si tratta di un rapporto di lavoro subordinato agricolo che – conclude Coldiretti – garantisce le stesse tutele (contrattuali, previdenziali, assistenziali, ecc.) previste per gli occupati a tempo determinato ma il salario sarà esente da imposizione fiscale, cumulabile con qualsiasi tipologia di trattamento pensionistico.
“La disponibilità di manodopera nelle campagne è vitale per garantire la sovranità alimentare del Paese, ridurre la dipendenza alimentare dall’estero e assicurare la possibilità di produrre e consumare prodotti al giusto prezzo” ha dichiarato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “occorre anche ridurre il costo del lavoro in agricoltura per riversare i risparmi ottenuti dai datori di lavoro ai lavoratori agricoli al fine di aumentare il potere di acquisto”.
A rischio c’è un settore che ha raggiunto un fatturato di quasi 14 miliardi nel 2022, con l’Italia – conclude Coldiretti – che è leader mondiale davanti a Francia e Spagna, i due principali competitor a livello internazionale, con una produzione che ha sfiorato i 50,3 milioni di ettolitri grazie all’impegno di 310mila aziende agricole e un patrimonio di 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt).