Il decreto di nomina governativa dei 20 componenti del Cgie che si aggiungono ai 43 eletti all’estero desta un certo sconcerto e richiede un chiarimento sui metodi e i criteri seguiti nella consultazione (se c’è stata) e nella successiva scelta operata. Non si tratta di recriminare sulla presenza o sull’assenza di alcune organizzazioni; alcune che hanno fatto la storia dell’emigrazione e altre di dubbia rappresentanza; non si tratta di innescare conflitti del tutto inopportuni tra associazioni, partiti, patronati, ecc., ma piuttosto di capire come sia stata elaborata la proposta che dopo la firma del Sottosegretario alla Presidente del Consiglio, On. Mantovano, è stata pubblicata in G.U. dell’8 Aprile scorso. Capire se quanto partorito è in sintonia con lo spirito della Legge istitutiva del Cgie e se ne sono state rispettate le norme.
Per una migliore comprensione riportiamo il testo dell’Art. 4 della legge per la parte che concerne la nomina dei componenti “governativi”:
Art. 4. comma 5 della Legge:
(...)
I 20 membri di nomina governativa sono designati come segue:
a) 7 dalle associazioni nazionali dell'emigrazione;
b) 4 dai partiti che hanno rappresentanza parlamentare;
c) 6 dalle confederazioni sindacali e dai patronati maggiormente rappresentativi sul piano nazionale e che siano rappresentati nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro;
d) 1 dalla Federazione nazionale della stampa;
e) 1 dalla Federazione unitaria della stampa italiana all'estero;
f) uno dalla organizzazione piu' rappresentativa dei lavoratori frontalieri.
Si noterà l’indeterminatezza dell’articolo che offre il fianco ad ampia discrezionalità, a parte il p.to d) ed e), dove il destinatario è unico e non lascia spazio ad interpretazioni.
Però, allo stesso tempo, si può convenire che allorché i soggetti da nominare in una categoria siano più di uno, la loro nomina corrisponda a qualche principio, per esempio, la maggiore rappresentatività, o al minimo, la loro concreta esistenza in vita; o quantomeno il rispetto formale delle categorie indicate.
Invece, nel decreto del 23-3-2023 della Presidenza del Consiglio, tra le sigle ammesse a rappresentare le 7 associazioni della lista - punto a) dell’articolo 4, comma 5 della Legge del Cgie - vi sono soggetti che in realtà sono partiti, oppure sezioni del dipartimento esteri/emigrazione di partiti; oppure patronati; oppure emanazioni dirette di patronati, la cui attività, in termini associativi, è discutibile; di alcuni è persino dubbia l’esistenza in vita.
Alcune di queste sigle inserite nel novero delle associazioni, nell’elenco del 2016 facevano parte del punto c), quello che riguardava i “Sindacati e Patronati”.
Questa volta invece sono stati inseriti nella categoria “Associazioni”.
Qui c’è già un punto dirimente: se le categorie sono almeno tre (cioè associazioni, partiti e sindacati/patronati) logica vuole che chi si trova in quella casella corrisponda in modo sostanziale - e non in modo generico – a quella fattispecie. Altrimenti, bisogna ricordare che tutto può andare sotto la forma “associativa”. Anche i Partiti o i Sindacati o i Patronati infatti sono associazioni, ma sono associazioni che hanno uno scopo sociale ben preciso; e la differenza è proprio questa.
Veniamo al p.to b), quello relativo ai Partiti:
In questo caso, la prassi da sempre seguita aveva garantito un certo pluralismo ed equilibrio. Non si trattò solo di prassi, in verità, ma del rispetto di un principio costitutivo della Legge; quello di garantire il pluralismo della rappresentanza, in questo caso, politica.
Invece nel decreto di marzo abbiamo 3 sigle corrispondenti ai 3 partiti dell’attuale maggioranza e 1 solo partito di opposizione.
Nell’ordine della lista c’è un evidente errore: il Movimento 5Stelle è il quarto partito dal punto di vista della rappresentanza parlamentare. Il fatto che esso risulti escluso e al suo posto compaia Forza Italia, costituisce un serio vulnus al principio del pluralismo; sia che lo si guardi dalla prospettiva delle rappresentanza in Parlamento, sia che lo si guardi (e sarebbe improprio) dal punto di vista degli eletti all’estero, poiché il M5Stelle ha avuto un eletto nelle ultime elezioni, al pari della Lega.
In questo ipotetico caso, infatti, a maggior ragione, qui avrebbe dovuto trovarsi il Maie visto che ha avuto complessivamente 2 eletti, alla pari con l’intera alleanza Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia.
Risultati Elezioni Politiche 2022 / Estero:
Camera: PD 4 eletti, Lega-FI-FdI 2 eletti, MAIE 1 eletto, M5S 1 eletto. Senato: PD 3 eletti, MAIE 1 eletto
Situazione Gruppi Parlamentari / Ottobre 2022:
Senato: Camera: Totali:
FdI 63, FdI 118, FdI 181,
PD 38, PD 69, PD 107,
Lega 29, Lega 65, Lega 94,
M5S 28 M5S 52 M5S 70
FI 18 FI 44 FI 62
Veniamo al p.to c) dell’Articolo 4, quello che riguarda il gruppo Sindacati/Patronati.
Come è noto, con l’aggiornamento della Legge nel 2014, in questo punto sono stati accorpati due tipologie di soggetti formalmente differenti, i Sindacati e i Patronati, che prima della affrettata riforma del Cgie del 2014 (cha ha peggiorato la legge originaria), erano distribuiti su due categorie diverse.
I Sindacati come è noto, rappresentano i lavoratori contrattualizzati in Italia o secondo leggi e contratti italiani. Non possono essere attivi in quanto tali all’estero, anzi, invitano, giustamente, gli italiani all’estero ad iscriversi ai sindacati locali.
Sono attivi certamente nell’ambito della rappresentanza dei lavoratori provvisoriamente all’estero a seguito di imprese o istituzioni italiane; anche se questo ambito di presenza è andato crescendo negli anni della globalizzazione, essi costituiscono tuttavia una componente marginale del più ampio mondo degli italiani all’estero che vivono e lavorano all’estero con contratti di lavoro stipulati secondo le legislazioni locali.
La fonte di rappresentanza del mondo dei sindacati, da questo punto di vista, è essenzialmente storica, l’aver cioè seguito con attenzione e partecipazione, nel rispetto del dettato costituzionale (Art. 35 della Costituzione), le vicende dei milioni di lavoratori emigrati dal dopoguerra ad oggi ed averlo rappresentato nei momenti istituzionali, a partire dal Cnel.
Ma all’estero gli strumenti operativi del mondo sindacale italiano sono stati in realtà i Patronati, sul fronte dei servizi alle comunità.
Il principio di maggiore rappresentatività richiamato nel p.to c), dunque è quello nazionale, come peraltro indicato espressamente, quindi relativo agli iscritti che ciascun sindacato ha in Italia; se fosse relativo alla diffusione dei Patronati, dovrebbe essere invece riferito alla loro effettiva presenza all’estero (gli uffici di Patronato e l’ammontare della loro attività) che avrebbe prodotto, in questo caso, un elenco diverso.
Dal decreto si deduce che è stato seguito il criterio della maggiore rappresentatività dei Sindacati. Cosa condivisibile, ma che ha creato subito problemi: sono entrati infatti anche soggetti che poco hanno avuto o hanno a che fare con l’emigrazione e, al contrario, sono rimasti esclusi altri che, sul fronte dei Patronati hanno una presenza e una loro storia.
Per risolve questo problema alcune sigle che rischiavano di rimanere fuori sono state recuperate impropriamente nel novero delle associazioni; ma alcune non hanno alcuna consistenza in quanto associazioni, essendo piuttosto enti di patronato (o partiti, come abbiamo visto all’inizio). Al contrario, storiche federazioni come la Filef, l’Ist. F.Santi, o il complesso della rete Fiei (cui aderiscono centinaia di circoli e importanti federazioni regionali e dell’estero) sono state escluse dal CGIE.
Il bisogno di far quadrare il cerchio rispetto alle diverse spinte e sollecitazioni (che non hanno a che vedere con lo spirito della Legge) ha prodotto alla fine questo elenco di nomine. Non sono dunque il prodotto di una “consultazione” che, come si può capire, non vi è stata. O, se vi è stata, ha riguardato solo una parte dei soggetti che avevano diritto ad essere consultati.
Il punto a) del comma 5 della legge, riservato a 7 associazioni nazionali, è stato usato malamente e contravvenendo al dettato della legge per ammortizzare le contraddizioni createsi tra altri soggetti; non risolvendo, peraltro, alcuna contraddizione, come mostra il prodotto finale, anzi accentuandole.
Sulle diffuse responsabilità ci saranno altre occasioni per approfondire.
Per il momento constatiamo che con questa scelta, si è fatto un altro passo verso l’ulteriore indebolimento della partecipazione di base delle nostre collettività all’estero, già precedentemente ridotto con l’introduzione di assurde modalità di voto per i Comites, con la riduzione dei parlamentari, oltre che delle risorse destinate alle politiche per la nostra emigrazione che ormai supera i 6,5 milioni di presenze all’estero.
SEGRETERIA FIEI