CHICAGO - Nasce a Chicago il Vinitaly USA 2024. Dall’International Wine Expo in corso nella capitale della regione del Midwest, che riunisce 70 milioni di abitanti e rappresenta 200 milioni di dollari di importazioni di vini italiani, da quest’anno cofirmato da Vinitaly con oltre 200 aziende presenti e più di 1000 etichette in degustazione, arriva l’annuncio compatto del sistema Italia.
“Il lavoro di squadra attivato da tempo con le istituzioni ci ha dato ragione e possiamo dire di aver vinto una sfida importante e complessa, di aggregare con il brand Vinitaly tutte le progettualità per creare un forte momento promozionale a favore del settore enologico italiano negli USA”, ha detto Federico Bricolo, presidente di Veronafiere durante la cerimonia di apertura.
La conferma arriva da Matteo Zoppas, presidente di ICE Agenzia: “Le fiere sono strategiche per il business matching delle imprese, in particolare delle piccole-medie. E con Veronafiere Vinitaly, che si era già mosso in modo accurato su questo mercato, ICE sta valutando insieme ai ministeri degli Esteri, dell’Agricoltura, ad Assocamerestero, tutti presenti a Chicago in questi giorni, il progetto per fare di Vinitaly USA 2024 il principale appuntamento strategico per questo fondamentale mercato”.
Un ponte strategico tra l’Italia e il primo mercato al mondo (1,8 miliardi di euro il valore dell’export “made in Italy” verso gli Usa nel 2022). “Vinitaly Usa 2024 seguirà anche le indicazioni del nascente comitato degli importatori con i quali condivideremo le strategie e i comuni interessi per lo sviluppo del vino italiano. L’obiettivo è rendere ancora più proficuo il rapporto con il mercato che esprime grande attenzione per i vini premium e al contempo cerca sempre nuove proposte. E l’Italia con i suoi 540 vitigni è in grado di offrire una scelta unica nel suo genere al mondo in grado di soddisfare le esigenze del settore ho.re.ca, degli importatori e dei distributori”, ha sottolineato l’amministratore delegato di Veronafiere, Maurizio Danese.
Si conferma, anche alla prova dei consumi effettivi, la difficile stagione del vino negli Stati Uniti, primo Paese al mondo sia per import, con 7,3 miliardi di dollari nello scorso anno, che per enoappassionati, con 4,5 miliardi di bottiglie stappate l’anno. Secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly, che in occasione della fiera Vinitaly - International Wine Expo di Chicago (22-23 ottobre) ha elaborato i dati relativi alle vendite nel “fuori casa” (on-trade) oltre che in Grande distribuzione e retail (off-trade), nei primi 8 mesi di quest’anno il gap tendenziale dei volumi consumati segna un -7,5%, frutto in particolare delle difficoltà riscontrate in off-trade (-8,3%) solo parzialmente moderate dal risultato nella ristorazione e nei locali (-2,1%).
Dall’analisi dell’Osservatorio a base SipSource - che monitora oltre il 75% delle vendite presso gli esercizi commerciali – emergono molte differenze sui trend di consumo di vino da parte degli user Usa. Per i vini locali, che si confermano nettamente in testa con il 71% dei consumi totali, la contrazione (-8,2%) è leggermente superiore alla media. Seguono a distanza i vini italiani, che rappresentano il 10,2% della domanda complessiva e il 35% dei vini d’importazione; in questo caso il bicchiere è mezzo pieno, se si considera che la perdita non supera il 3,2% e che nell’on-trade – quindi il canale a maggior valore aggiunto - segna addirittura luce verde (+1,2%). E se anche i vini cileni contengono l’impasse a un secco -3%, la Nuova Zelanda conferma il proprio crescente alto gradimento con gli enoappassionati statunitensi: +2% il dato evidenziato nei primi 8 mesi, grazie soprattutto all’exploit nella ristorazione (+7,6%), complice un Sauvignon Blanc considerato sempre più trendy nel panorama bianchista Usa. L’abbrivio neozelandese – secondo l’Osservatorio di Unione italiana vini e Vinitaly – fa scalare di una posizione l’Australia (-4,9%) e allontana, almeno nelle quantità commercializzate, il market leader a valore - la Francia - in forte difficoltà (-14,5%), sia nell’off-trade (-16,8%) che nell’on-trade (-8,1%).
Secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly, Inflazione, costo delle materie prime e destoccaggio stanno mettendo in difficoltà le esportazioni delle imprese italiane verso gli Stati Uniti, ma, segmentando i dati e guardando ai consumi effettivi in volume, emerge come, alla prova dei consumi, gli americani rinunciano con maggior fatica al made in Italy sia rispetto ai vini a stelle e strisce che a quelli di altri importanti Paesi produttori. In particolare, il canale horeca – segmento più rappresentato tra i 350 buyer dell’International Wine Expo – nei primi 8 mesi di quest’anno ha visto una presenza tricolore nell’on-trade Usa pari a quasi il 44% del totale dei vini d’importazione, di gran lunga superiore allo share dei prodotti francesi, 13,8%, e neozelandesi, al 10,7%”.
Il debutto fieristico di Vinitaly negli Stati Uniti è frutto della collaborazione di Veronafiere con Italian Expo, la Camera di Commercio di Chicago e del Midwest e l’ICE Agenzia. Il player veronese – che organizza ogni anno la principale manifestazione al mondo dedicata al vino italiano - è per la prima volta partner di International Wine Expo (Iwe), in programma il 22 e 23 ottobre a Chicago. Sono circa 200 le aziende tricolore presenti alla fiera per un totale di oltre mille etichette proposte all’evento business, in un matching con 350 buyer specializzati provenienti soprattutto dal Midwest selezionati in collaborazione con ICE Agenzia.