Innanzitutto va precisato che l’Ape sociale è subordinata alla residenza in Italia, come tante altre prestazioni considerate assistenziali (perché a carico dello Stato) anche se però è erogata dall’Inps e per poterne avere diritto bisogna aver versato dei contributi in Italia.
Con la legge di Bilancio per il 2024 (ancora in discussione in Parlamento) l’Ape sociale è stata prorogata a tutto il 2024 ed è riservata ad alcune categorie che si trovano in condizioni di disagio (disoccupati; caregiver di familiari con disabilità; invalidi ad almeno il 74%; coloro che svolgono lavori gravosi).
Per accedere all’Ape sociale nel 2023 erano necessari 63 anni uniti a 30 o 36 anni di contributi (in virtù della situazione soggettiva), dal 2024 invece saranno necessari 63 anni e 5 mesi di età e, attenzione, non bisogna essere titolari di pensione diretta, anche se dovesse trattarsi di una pensione o pro-rata estero.
Per perfezionare il requisito contributivo dei 30-36 anni possono essere utilizzati gli eventuali contributi versati all’esteero in un Paese con cui l’Italia ha stipulato un accordo di sicurezza sociale bilaterale o multilaterale?
Nel suo messaggio n. 4170 del 24/10/2027 l’Inps ricordava che con la circolare n. 100 del 2017 in materia di valutazione del requisito contributivo minimo per l’accesso all’Ape sociale era stato specificato che “il suddetto requisito contributivo non può essere perfezionato totalizzando i periodi assicurativi italiani con quelli esteri, maturati in Paesi UE, Svizzera, SEE o extracomunitari convenzionati con l’Italia”. Tuttavia nel successivo messaggio di cui sopra l’Istituto previdenziale cambia posizione sostenendo che tale orientamento, condiviso con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nella prima fase di applicazione della normativa sull’Ape sociale, non escludeva la possibilità di assumere una posizione più aperta nella fase successiva, in relazione alla platea dei beneficiari e delle risorse finanziarie disponibili. Siccome successivamente era emerso che la platea dei destinatari sarebbe stata presumibilmente inferiore rispetto a quella prevista e, conseguentemente, ai fondi stanziati, l’Inps al fine di favorire l’ingresso di potenziali beneficiari con contribuzione estera che erano stati inizialmente esclusi per difetto del requisito contributivo, avrebbe consentito il perfezionamento del requisito contributivo minimo per l’accesso all’Ape sociale totalizzando i periodi assicurativi italiani con quelli esteri, maturati in Paesi UE, Svizzera, SEE o extracomunitari convenzionati con l’Italia. L’Inps conclude il messaggio n. 4170/2017 chiarendo che “le domande di certificazione delle condizioni di accesso al beneficio dell’Ape sociale presentate in data successiva al 15 luglio 2017 dovranno essere istruite, o se già istruite, riesaminate, alla luce del criterio esposto nel presente messaggio.” (quindi ammettendo le domande dei beneficiari che raggiungono il requisito contributivo grazie ai contributi esteri).
Effettivamente, l’Inps non afferma esplicitamente l’utilità dei contributi esteri ai fini dell’Ape sociale relativamente alle domande da presentarsi nelle annualità successive al 2017, ma finora nessuna fonte o comunicato ufficiale ha escluso questa possibilità. Inoltre, per complicare una situazione già confusa, l’Inps ha stabilito che l’Ape sociale sia incompatibile con il beneficio di una pensione diretta includendo tra le pensione dirette anche quelle erogate da un istituto previdenziale estero foss’anche un pro-rata di importo irrisorio. E proprio a causa di questa interpretazione restrittiva e illogica dell’Inps, l’Ape sociale viene negata a tanti nostri connazionali rientrati in Italia, solo perché, nonostante abbiano perfezionato tutti i requisiti per il diritto, sono titolari di pensione estera.