di FABIO PORTA

Coloro che hanno visitato il Museo dell’Immigrazione di San Paolo in Brasile o il nuovo Museo dell’Emigrazione italiana a Genova sanno benissimo a cosa si riferisce il titolo di questo articolo: sì, perché la storia dell’emigrazione (o dell’immigrazione, dipende dall’angolo di osservazione) è connaturata all’evoluzione dell’uomo e allo sviluppo dell’umanità nel corso dei millenni. Non un fenomeno passeggero o transitorio, quindi, tantomeno secondario o residuale; al contrario: le migrazioni costituiscono un processo antropologico e sociologico di primaria importanza, che ha contraddistinto nel corso di epoche successive la storia di tutti i popoli, ad ogni latitudine e longitudine.

Ne sappiamo qualcosa (o meglio, dovremmo saperne qualcosa) proprio noi italiani, un popolo di migranti per antonomasia. In poco più di un secolo e mezzo di storia, pressoché coincidente con quella dello Stato italiano, sono emigrati dall’Italia oltre trenta milioni di persone, una popolazione pari alla metà degli attuali cittadini italiani. E oggi a vivere fuori dai confini nazionali c’è un’altra Italia; un’Italia sicuramente superiore per abitanti a quella che vive all’interno dello stivale e delle isole.

Mi riferisco ai nostri connazionali e ai loro discendenti che vivono all’estero, una vera e propria moltitudine che fa del caso italiano un ‘sui generis’ pur nel contesto di un fenomeno migratorio che come dicevo ha sempre attraversato la storia di tutti i popoli e le nazioni. Eppure, per quanto incredibile ciò possa sembrare, nelle scuole italiane poco o male si parla di quello che secondo gli stessi storici può essere considerato il più rilevante fenomeno socio-economico della vita del nostro Paese. Un fenomeno che ha segnato profondamente la vita e la cultura delle nostre famiglie e dei nostri territori, e che ancora oggi è fortemente presente se pur nella duplice dimensione della mobilità giovanile verso l’estero e dell’immigrazione straniera in Italia.

Per ovviare a questa carenza, ma anche per sostenere le scuole e gli insegnanti nel loro sforzo quotidiano di educazione alla multiculturalità e all’inclusione di una porzione sempre maggiore di studenti provenienti da altri Paesi e culture, ho ripresentato in questa legislatura una proposta di legge che prevede l’introduzione in tutte le scuole pubbliche dell’insegnamento dell’emigrazione italiana nell’ambito delle migrazioni contemporanee.

Un progetto multidisciplinare, non una materia, poiché le migrazioni – a partire da quelle italiane nel mondo – vanno studiate attraverso tutte le sfaccettature e relative declinazioni: geografia e storia, ovviamente, ma anche economia, letteratura, arte e sport. Una vicenda ricca di spunti e di elementi utili alla comprensione della nostra stessa identità, un’identità plurima e anzi ibrida come la definirebbe benissimo il padre dell’italicità nel mondo Piero Bassetti. Per la prima volta dopo dieci anni dalla sua prima presentazione in Parlamento, oggi questo progetto di legge arriva in commissione cultura e inizia il suo iter formale verso una definitiva approvazione alla Camera dei Deputati. Un successo importante, dovuto ad un grande lavoro di squadra e alla sensibilità di tanti parlamentari, espressione di schieramenti politici diversi e a volte contrapposti.

Un bellissimo esempio di condivisione intorno ad un patrimonio comune, quello dell’emigrazione italiana, che sarebbe sbagliato considerare proprietà o appannaggio di questa o quella parte politica. In Brasile, il Paese al mondo dove vive il maggior numero di italo-discendenti, si commemorerà nel 2024 il centocinquantesimo anniversario dell’immigrazione italiana; sarebbe bello che a questa ricorrenza e a tutta la grande epopea italiana nel mondo, il Parlamento italiano rendesse un doveroso omaggio con l’approvazione di questa legge.