di LIANA MILELLA
Il nemico giurato della cronaca giudiziaria ce l’ha fatta. La Camera ha appena detto sì. Enrico Costa meditava il suo “colpo gobbo” da due mesi. Togliere dalle mani dei giornalisti l’ordinanza di custodia cautelare, l’atto con cui il pubblico ministero ufficializza la sua richiesta di andare a processo. Dal 2019, grazie alla legge dell’ex Guardasigilli Andrea Orlando sulle intercettazioni, quelle pagine erano pubbliche. Adesso torneranno segrete. Il buio sull’informazione. Grazie a un emendamento alla legge di delegazione europea e alla furbizia di Costa di legare la pubblicità delle ordinanza alla tutela della presunzione d’innocenza, questa sì imposta dall’Europa con una direttiva del 2016 che l’Italia ha recepito l’anno scorso.
Un blitz, quello di Costa, che ha messo in seria difficoltà il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Che alla fine ha dovuto cedere, visto che il rischio era quello che la sua stessa maggioranza potesse andare in pezzi, visto che Costa chiedeva un votazione segreta, certo della piena convergenza, come ha scritto Repubblica, non solo di Forza Italia, ma anche della Lega, nonché di Italia viva, sulla giustizia sempre schierata comunque con Azione. Il voto segreto era l’arma giusta. Alla fine anche Nordio ha dovuto cedere. E dopo un lungo pour parler con Costa, ha dato il via libera. Mentre Costa ha revocato la richiesta di voto segreto. E la Camera ha approvato con 160 sì, 70 no.
Ecco il testo, di sole poche righe, che vieterà definitivamente la possibilità di pubblicare le ordinanze di custodia, grazie a una modifica dell’articolo 114 del codice di procedura penale che riguarda il “divieto di pubblicazione di atti e di immagini”. Un ritocco di sole sei parole all’articolo 2 cambia la storia della cronaca giudiziaria. Perché l’emendamento Costa, sottoscritto e licenziato dal capo dell’ufficio legislativo di via Arenula, l’ex procuratore generale di Roma Antonello Mura, con una riformulazione, elimina proprio il passaggio introdotto da Orlando nel 2017, ma poi divenuto legge due anni dopo con la firma del suo successore Alfonso Bonafede, che consentiva alla stampa di pubblicare le ordinanze. Una conquista come si disse allora. Adesso si torna indietro. Perché l’emendamento Costa codifica “il divieto di pubblicazione integrale o per estratto del testo dell'ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare, in coerenza con quanto disposto dagli articoli 3 e 4 della direttiva Ue del 2016 sulla presunzione d’innocenza”.
La Camera ha appena votato. Con la maggioranza allargata ad Azione e Italia viva. Contro l’opposizione, Pd, M5S, Avs. Durissime le parole dell’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, oggi deputato di M5S, che considera stravolta la direttiva Ue sulla presunzione d’innocenza “perché la misura cautelare non è fondata sulla colpevolezza, ma sugli indizi”. Quindi la presunzione d’innocenza è comunque tutelata. “Perché oggi non si vuole pubblicare ordinanza? Perché non si vuole rendere pubblico che esistano persone corrotte e della borghesia mafiosa. Così impediremo alla gente di conoscere ciò che accade intorno a noi. Così s’impedisce il diritto all’informazione, contro un principio costituzionale”.
La FNSI contro la riforma
Il sindacato dei giornalisti contro la riforma che vieta la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare. Dure reazioni anche di Pd e M5S Il Guardasigilli Nordio e la premier Meloni «Domani (giovedì 21 dicembre, ndr) la Fnsi non sarà alla conferenza stampa di fine anno della premier Meloni e convocherà invece una giunta straordinaria per organizzare la mobilitazione della categoria, assieme alla società civile, contro il nuovo bavaglio al diritto di cronaca rappresentato dal divieto di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare»