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di BRUNO TUCCI

Che gioia, che allegria: siamo strafelici perché da oggi sappiamo che guadagniamo più di Giuseppe Conte, per due volte presidente del Consiglio.

Allora, bando alle lamentele, alle difficoltà di arrivare alla fine del mese.

Non è vero niente perché i numeri sono lì a dimostrarci che i soldi debbono bastare per mettere insieme il pranzo con la cena. Infatti, il presidente dei grillini denuncia un reddito di poco superiore ai ventimila euro l’anno. Quindi, è più povero di noi.

Ora, scherzi a parte, che cosa può pensare un capo famiglia che deve fare i salti mortali per non far mancare nulla a sua moglie e ai propri figli?

Allarga le braccia e continua a non credere (giustamente) alla politica e a chi la conduce. Innanzitutto, per la mannaia delle tasse. Nel caso di queste persone che hanno uno stipendio fisso, evadere è impossibile, perché il prelievo gli viene fatto alla fonte, cioè nel momento stesso in cui prelevano il compenso mensile.

E magari quando va in pensione paga una seconda volta le imposte sui danari prelevatigli quando era alle dipendenze di un ente o di una piccola industria.

Si domandano: sarà lo stesso per la casta? Ne dubitano ed hanno ragione.

Analizziamo le cifre. E’ noto che un qualsiasi parlamentare, anche alla prima esperienza, prende uno stipendio superiore ai diecimila euro.

Conte è deputato dal mese di ottobre 2022. Ma lo stipendio di primo ministro in Italia è di circa 80 mila euro all’anno.

Allora, come fa a denunciare che alla fine di  ogni anno entrano nelle sue tasche soltanto 25 mila euro?

Rimane un mistero. I privilegiati si difendono: hanno diverse spese nei trenta giorni, gli stipendi si assottigliano di molto fino ad essere “ricchi” come un impiegato della pubblica amministrazione.

Qualcosa non va in questa replica se davanti alla realtà, la fascia della povertà si è allargata. La piccola borghesia non esiste quasi più, quella che una volta era la spina dorsale del paese è scomparsa.

Questo, naturalmente, va a discapito del bilancio dello Stato, perché l’evasione fiscale non si riesce a frenare ed i soli soldi sicuri che arrivano nelle casse statali (quelli che dovrebbero farci vivere in maniera più adeguata) diventano sempre meno.

Come mai i soliti noti sono gli unici a pagare in contanti? La realtà è che spesso e volentieri siamo noi stessi a convalidare questo dirizzone. Un esempio: viene da noi una qualsiasi persona a riparare un danno al termosifone come allo scaldabagno e alla fine del lavoro ci chiede una certa cifra.

Quando gli chiediamo la fattura risponde sicuro: “Certo, ma in questo caso, dobbiamo aggiungere il 22 per cento alla somma che le ho chiesto”.

Si rinuncia per risparmiare ed ecco che il bilancio di un paese ne risente e in qualche maniera si deve rifare. Torniamo però al discorso iniziale: a quello che faceva strabuzzare gli occhi a quanti leggevano. Finalmente si sapeva  il reddito di un parlamentare. Non un onorevole o un senatore alle prime armi, ma un uomo che per due volte consecutive si era seduto sulla poltrona più prestigiosa di Palazzo Chigi ed ora è il presidente di un partito che vorrebbe diventare la prima forza dell’opposizione.

Si sta parlando dei 5Stelle perché è ormai chiaro che tra il Pd ed i grillini non corra buon sangue.

L’avvocato del popolo licenziato come premier non vuole rimanere fuori dal grande giro e combatte (in silenzio e non) Elly Schlein, l’unica che potrebbe ostacolarlo a raggiungere un simile risultato.

Non solo per essere una persona che conta nel panorama politico italiano, ma anche per i vantaggi economici che ne derivano.

La macchina blu, l’autista ventiquattro ore su ventiquattro, i rimborsi spese e tutti gli altri benefit che ne scaturiscono. Una vita difficile, a volte complicata e piena di ostacoli e di nemici, però ripagata da un punto di vista sociale e “di cassetta”.

La domanda dell’uomo della strada è questa: possibile che un individuo così di rango possa denunciare  un reddito inferiore ad un giovane appena assunto in banca?

Non scherziamo, per favore. E’ in circostanze del genere che chi ne ha possibilità di intervenire lo faccia senza farsi condizionare dalle raccomandazioni.

Chi alla fine del mese paga il suo contributo allo Stato senza poter battere ciglio ne sarebbe, stavolta si, felice. E potrebbe ricominciare a fidarsi della politica e tornare a votare se nelle volte precedenti ha preferito rimanersene a casa o andare a trascorrere la domenica insieme con moglie e figli.