di MIMMO CARRATELLI

Nel quarantennale di tutti i cinepanettoni e nel ventennale della presidenza azzurra, Aurelio De Laurentiis (scusa ma non ti chiamo amore, cfr Federico Moccia) ha annunciato che, a reti e giornalisti unificati, racconterà “il mio punto di vista” sulla crisi del Napoli dopo avere chiesto scusa per esserne il responsabile unico.

Conclusa la Supercoppa italiana a Riad, diciamo il 24/25 gennaio, il presidente del Pianto Napoletano di Resa e Resipiscenza (Pnrr) parlerà nell’incanto della baia posillipina all’ombra di Palazzo Donn’Anna, davanti all’onne de lu maree a tutti i media che lui detesta (in media non stat virtus).

Tema della conferenza: lo scudetto è un ricordo che vale dieci lire e ci sarebbe molto da capire. Tramontati gli eroi portati da Benitez, dileguatasi l’identità di gioco creata da Sarri, troncata la stregoneria di Spalletti, il Napoli non c’è più.

Lo scudetto, il principio della fine. Sarebbe dovuta essere l’occasione per potenziare la struttura societaria e rafforzare una “rosa” in cui abbondano i trentenni (Di Lorenzo 31 anni, Juan Jesus 33, Mario Rui 33, Zielinski 30, Politano 31, Demme 33, Lobotka 30), due sono quasi trentenni (Anguissa 29, Simeone 29) e i giovani sono pochi (Kvaratskhlia 23, Raspadori 24, Ostigard 25, Natan 23, Lindstrom 24, Cajuste 25).

La società avrebbe avuto bisogno di arricchirsi di competenze specifiche, un direttore sportivo di grande esperienza e solide relazioni nel mondo del calcio e un dirigente accompagnatore indipendente (non il figlio del presidente, ovviamente di parte) per assorbire gli umori dello spogliatoio facendo da tramite fra squadra e società, tra squadra e allenatore, ma anche da elemento catalizzatore di entusiasmo e armonia.

De Laurentiis, con la partenza di Giuntoli, ha lasciato scoperti questi ruoli. Non volendo vicino collaboratori forti, riconoscerà questo primo errore che impedisce al Napoli di diventare un club adulto da che è un club padronale?

De Laurentiis, pur con tutta l’abilità che gli viene riconosciuta, smetterà di essere uno, trino e quattrino (presidente, uomo-mercato, allenatore e conferenziere)?

Dirà: da solo vi ho portato in Champions e vinto uno scudetto.

Ma da solo, riconoscendone egli stesso le responsabilità, è finito in una crisi profonda e inevitabile perché a lungo andare l’uomo solo al comando non regge.

De Laurentiis promette di riparare allo smarrimento in corso col mercato di gennaio ingaggiando tre, quattro giocatori.

Con le competenze di chi? Le idee continuano ad essere confuse. Quest’anno serve d’urgenza un forte difensore centrale con un grosso investimento (Dragusin è inseguito anche dal Tottenham), il resto sarebbe da concordare e condividere con l’allenatore prossimo venturo chiamato per il rilancio del Napoli.

In prospettiva, è il momento di una rifondazione della squadra azzurra. Il problema vero è il futuro, col rischio di uscire dal grande giro, e non il presente benché pressato dall’esigenza di conquistare il quarto posto per continuare a incassare prestigio e soldi in Europa.

Garcia ha fallito e Mazzarri è in difficoltà. Il tecnico toscano, tra sconfitte e una difesa ballerina, ha abbassato la squadra snaturando il centrocampo campione d’Italia, non più un centrocampo aggressivo, che gioca alto per recuperare il pallone nella metà campo avversaria, ma una diga prudente (col solo Lobotka abile intercettatore) che aspetta l’avversario cercando di proteggere la difesa.

Risultato nullo. La squadra continua a prendere gol e il centrocampo non costruisce più la fase offensiva in maniera efficace per la nuova posizione in campo.

Per proseguire puntando in alto occorre identificare i giocatori da tenere e non sono molti, mentre Osimhen sarà sul mercato, Elmas è andato via, Zielinski non si sa, Simeone è scontento, la difesa è da rifondare.

Kvaratskhelia è l’unico asso nella manica a patto che cambi il suo gioco, non più la testarda giocata in dribbling contro più avversari, ma un dai e vai sulla fascia, la ricerca della profondità e meno affanno nelle conclusioni.

Ma questo è solo un dettaglio. Il problema grosso è una chiara visione del Napoli futuro (c’è, non c’è?) con acquisti mirati e la migliore scelta dell’allenatore, il dettaglio più difficile dell’operazione rialzati e cammina.