Entro il 2025 più della metà dei lavori attualmente esistenti sarà svolta da un robot. È quanto prevede uno studio dell’autorevole World Economic Forum, secondo il quale nei prossimi 7 anni oltre il 50% delle attuali mansioni lavorative sarà eseguita da macchine automatizzate, contro il 29% di oggi. Tale trasformazione avrà un profondo effetto sulla forza lavoro globale.
«Senza volere entrare nel merito se tale “progresso” porterà o meno ad una crescita della disoccupazione, quello che a noi preoccupa maggiormente è la possibile disumanizzazione dell’essere umano» spiega lo psicologo Stefano Benemeglio, padre delle Discipline Analogiche, direttore scientifico dell’Università Popolare delle Discipline Analogiche. Fino a pochi anni fa era impensabile potere indossare uno smartwatch per monitorare la nostra velocità o il nostro battito cardiaco, ascoltando musica, controllando le email e ricevendo nel contempo allerte sul meteo. Oggi invece tutto questo è diventato realtà e presto saranno disponibili sul mercato le prime interfacce uomo-device che sembrano arrivare direttamente da un episodio di Star Trek.
A preoccupare gli analisti dell’Università Popolare delle Discipline Analogiche non è tanto l’automazione di 75 milioni di mansioni svolte oggi dall’uomo quanto gli effetti a livello psicologico e sociale di un’automazione a così grande scala. «Ed ancora più preoccupante è l’integrazione uomo-macchina. I nostri corpi saranno così trasformati nei controllori biologici dei nostri dispositivi digitali» puntualizza Samuela Stano, presidente dell’Università Popolare delle Discipline Analogiche (www.upda.it).
La tecnologia si sta chiaramente spostando dall’esterno all’interno dei nostri corpi. Si va verso la creazione di circuiti flessibili stampati su pellicola che potranno essere applicati sulla nostra pelle consentendo un’ampia gamma di utilizzi diversi, dal supporto per il business ai sistemi che offrono consigli per la vita quotidiana. «Il cambiamento è tanto radicale da essere in grado di disumanizzare l’essere umano. L’unico modo per affrontarlo è la consapevolezza. Senza consapevolezza tutto questo progresso porterà ad alterare l’equilibrio psicologico, alla dipendenza emotiva, al narcisismo egoico e perfino al delirio di onnipotenza» specifica il padre dell’immenso patrimonio culturale rappresentato dalle
Discipline Analogiche, Stefano Benemeglio.