I bimbi di 120 anni fa erano di più, ma molto fragili: erano più soggetti a problemi come le malattie infettive e la malnutrizione, a disposizione c’era un solo vaccino, quello del vaiolo, la mortalità infantile era elevatissima e la speranza di vita molto bassa, di appena 35 anni. Quelli di adesso sono di meno, vivono molto di più e meglio come qualità della vita, ma sono più grassi, soggetti a malattie legate a un eccessivo introito di calorie, proteine e zuccheri, associate alla sedentarietà.
Una volta si giocava all’aperto, a nascondino o a campana, magari con o fratelli o sorelle, mentre ora si preferiscono smartphone e tablet e spesso si è figli unici. Il “come eravamo” dell’infanzia italiana è raccontato attraverso i 120 anni della Sip, Società italiana di pediatria, che celebra alla Camera il 120esimo anno della sua fondazione (è nata infatti a Torino il primo ottobre 1898 per opera di 124 pediatri.
Innanzitutto, allora, i bambini erano molto più numerosi di adulti e anziani: su circa 32 milioni coloro che avevano da 0 a 15 anni erano ben 11 milioni, oggi poco più di otto a fronte di 60 milioni di abitanti, ma la mortalità infantile era elevatissima. Nel 1898 su 1000 bambini nati vivi ne morivano circa 240, oggi i decessi neonatali sono appena 2,9 su mille nati vivi, con l’Italia tra i Paesi al mondo con più bassi tassi di mortalità infantile. La
speranza di vita era di appena 35 anni, oggi è di 82,7, tra le più elevate al mondo. Circa 6 decessi su 10 erano dovuti a malattie infettive, mentre oggi queste morti sono quasi un ricordo e l’81% dei decessi infantili è dovuto a malformazioni congenite e infezioni perinatali.
All’epoca a proteggere i bimbi non c’erano né antibiotici né i vaccini (tranne quello del vaiolo, reso obbligatorio nel 1888, ora ce ne sono 16 disponibili). Sino alla metà del secolo scorso numerose epidemie furono responsabili di tante morti anche infantili. L’introduzione dell’obbligo vaccinale contro la difterite nel 1939, per la poliomielite nel 1966 e per il tetano nel 1968 ha consentito di salvare oltre 70mila vite. Una volta, poi, i bimbi venivano allattati al seno in modo prolungato ed esclusivo con conseguente malnutrizione e malattie come
il rachitismo e lo scorbuto.
Patologie all’opposto di quelle moderne, causate da troppe calorie e associate alla sedentarietà. I bimbi non erano istruiti come oggi: per una svolta si dovette attendere la riforma Gentile del 1923. «La pediatria in questi 120 anni di storia si è evoluta da branca della medicina dedicata a una fascia di età a scienza dalla nascita per l'intera vita», afferma il presidente Sip Alberto Villani che guarda al futuro: «La prima grande sfida è tutelare e garantire l’assistenza pediatrica a tutti i bambini, perché un dei grossi problemi è proprio
la carenza di pediatri». Le altre sfide sono affrontare i problemi della denatalità, dei piccoli con difficoltà e del disagio psico-sociale.
Elida Sergi