Colui che si dichiara "l'elevato" (facile esserlo all'interno della stragrande maggioranza del MoVimento 5 Stelle…) ha probabilmente perso definitivamente il lume della ragione. Lui è Beppe Grillo, l'anima del mondo pentastellato, quello che ha dato vita al partito che oggi governa (bah) insieme con la Lega. Ieri ha dato il meglio di se stesso (eufemismo) dal palco della convention organizzata al Circo Massimo, a Roma. Nella sua maniera, offendendo a destra e a manca, avendo gioco facile non essendoci ovviamente contraddittorio.
Il suo attacco ai poteri che la Costituzione concede al presidente della Repubblica resterà negli annali per una dose di qualunquismo che non ha eguali. Per "l’elevato" il ruolo del capo dello Stato va riformato. La colpa? La nomina di 5 senatori a vita, l'essere a capo delle forze armate e del Csm. E a portare a termine il compito dovrebbero essere proprio loro, i 5 Stelle. Ci sarebbe da ridere, ma la realtà fa piangere. Attaccare i poteri di chi rappresenta l'unità nazionale è qualcosa che davvero non si può sentire. Anche perché a parlare non è uno storico o uno studioso della Costituzione (diciamo che in generale lo studio non è il piatto forte del M5S), ma un comico, anche un po' in crisi (i suoi spettacoli a pagamento non sbigliettano più tanto). Un comico che parla, ma soprattutto straparla e probabilmente avrebbe bisogno di un ripasso degli ultimi 100 anni della storia
italiana. Oramai "l'elevato” si esprime come coloro che parlavano prima dell'avvento di Enrico De Nicola, il primo presidente della Repubblica eletto nel 1948. Che non hanno fatto una bella fine. Il modello culturale e storico cui il governo ricorda tanto quello caro al nazismo e al fascismo e il MoVimento conferma la propria natura golpistica ed eversiva. Ma cosa ha mai fatto il Presidente della Repubblica al Movimento 5 stelle? È forse in atto una strategia precisa per screditare un organo fondamentale del sistema democratico agli occhi dei cittadini delegittimandolo ogni volta che se ne presenta l'occasione? La Costituzione, benedetta e santa, con questa persona anima del M5S, è davvero in pericolo. Così come la democrazia, basti pensare alla decisione di tagliare i fondi all’editoria che garantiscono il pluralismo dell’informazione. Macché, il Robespierre dei giorni nostri magari vorrebbe che il capo dello Stato venisse eletto dalla piattaforma Rousseau della Casaleggio Associati. Non è che Grillo è andato all’attacco del Quirinale per coprire fallimenti e voltafaccia del Movimento 5 Stelle? Svillaneggiare la massima istituzione della nostra Repubblica come arma di distrazione di massa indica di certo l'infima considerazione che hanno costoro della democrazia e dello Stato. Probabilmente il cosiddetto garante del suo movimento ha capito il disorientamento degli elettori di fronte ai fallimenti, come il reddito di cittadinanza finanziato con un decimo dei fondi necessari, e agli innumerevoli voltafaccia: l'alleanza con la Lega da sempre esclusa anche con pesanti insulti agli esponenti del Carroccio, il sì al Tap, il sostegno sia pur riluttante all'euro, il condono, le manine, la sudditanza a Salvini sono troppo anche per il robusto stomaco dei seguaci grillini.
Ma non è che i grillini a breve prenderanno spunto da Alexander Lukashenko, “l’ultimo dittatore d’Europa”? Dal 1994 governa la Bielorussia e le autorità di questo Paese hanno usato la violenza come arma per fronteggiare l’opposizione politica e dei media. Tutto sommato la violenza (di certo verbale) e l’ostilità verso i giornali e la democrazia sono nel Dna del M5S. Un consiglio per loro? Magari andare anche in Uzbekistan o in Georgia per “capire” come arrivare a una vera e propria dittatura (ma poi ci restassero pure, Grillo in testa). Perché questa è la fine che rischia l’Italia di questo passo ed è un peccato che non tutti capiscano l’andazzo. Intimidire i giornali con la minaccia di togliere loro ogni finanziamento, cancellare il quorum ai referendum, intimidire il capo dello Stato proponendo l'abolizione dei suoi poteri. L'obiettivo di un movimento eversivo.
di Stefano Ghionni