di FABIO PORTA
Non si riesce a capire quali siano le priorità dello Stato italiano in materia di accordi bilaterali di sicurezza sociale e di tutela dei diritti socio-previdenziali dei lavoratori italiani migranti o già emigrati considerato che in questi ultimi tempi l’Italia ha stipulato convenzioni con Albania, Giappone e Moldavia, che seppur ed indubbiamente utili e importanti comportano costi ed impegni sostanziali del nostro Paese che potrebbero e dovrebbero essere meglio utilizzati per finalmente soddisfare le richieste delle nostre comunità in Cile, Ecuador, Colombia, Perù, che da anni attendono la stipula di una convenzione di sicurezza sociale.
In data 6 febbraio 2024 è stato siglato l’Accordo in materia di sicurezza sociale tra Italia e Albania (per l’entrata in vigore bisognerà attendere la firma dell’accordo amministrativo che regola le modalità di attuazione), il quale disciplinerà le prestazioni pensionistiche e le indennità di disoccupazione, malattia e maternità di coloro che esercitano o hanno esercitato un’attività subordinata o autonoma nei due Stati.
Dal prossimo 1° aprile 2024 entrerà in vigore l’Accordo in materia di sicurezza sociale tra Italia e Giappone, siglato il 6 febbraio 2009 e ratificato con la legge n. 97/2015. L’accordo disciplina in particolare l’istituto del distacco e, inoltre, il diritto alla trasferibilità dei trattamenti pensionistici per i cittadini dei due Stati e i loro familiari, il principio di parità di trattamento e della territorialità del diritto.
Infine l’accodo tra l’Italia e la Repubblica di Moldova, fatto a Roma il 18 giugno 2021 e in vigore dal 1° dicembre 2023, che regola i rapporti tra i due Paesi in materia di esportabilità delle pensioni e delle rendite per infortunio e malattia professionale erogate, per l’Italia, dall’INPS e dall’INAIL (non è previsto dall’Accordo l’importante istituto della totalizzazione).
Questi accordi parziali nascondono in realtà decenni di inattività dello Stato italiano in questa materia. Ricordo che in Parlamento è in discussione una mia risoluzione che sollecita il Governo a riprendere le attività negoziali per il rinnovo e la stipula delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale.
Come spesso ho denunciato nella mia attività politica e parlamentare, nonostante la ripresa dei flussi migratori in entrata e in uscita, è da molti anni sospesa l’attività dello Stato italiano per garantire ai cittadini italiani residenti all’estero una adeguata tutela socio-previdenziale in regime internazionale.
Ho ricordato più volte al Governo con le mie interrogazioni che in Cile, Colombia Ecuador e Perù risiedono rispettivamente 65.000, 22.000, 20.000 e 36.000 cittadini italiani iscritti all'AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all'estero) e che l’importante e consistente presenza di cittadini italiani in questi Paesi dell’America Latina e di cittadini di questi Paesi in Italia privi di tutela previdenziale in convenzione, impone, se lo si ritiene un dovere di un Paese civile, la stipula di convenzioni bilaterali di sicurezza sociale (come è stato fatto con quasi tutti i Paesi di emigrazione italiana) che tutelino adeguatamente questi lavoratori nell'ambito socio-previdenziale.
Non mancherò quindi nel prosieguo di questa legislatura di continuare a chiedere al Governo quali iniziative si intendono adottare per ampliare e aggiornare il quadro di tutela previdenziale in regime internazionale con particolare riguardo alle decine di migliaia di italiani residenti in America Latina i quali hanno versato contributi in Italia prima dell’emigrazione e poi nei Paesi dove sono andati a vivere permanentemente, ma non possono far valere i loro diritti socio-previdenziali perché l’Italia non ha stipulato con tali Paesi accordi di sicurezza sociale.