di MARCO BENEDETTO

Contributo alla storia d’Italia dal 1946 a oggi, ecco i primi 20 anni attraverso le elezioni. Vi offro inoltre la mia testimonianza attraverso la memoria di quello che era un bambino nato nel 1945, appoggiata ai numeri, che posono essere rivelatori. Ci sono anche le collezioni dei giornali che possono contribuire a resuscitare dai sepolcri della nostra vita collettiva spezzoni illuminanti. Ma quello è un lavoro per giovani.

Ho messo in fila qua sotto i risultati elettorali dei primi 22 anni di vita dell’Italia dopo la fine del fascismo, e della monarchia e l’estensione del voto alle donne. Riflettono le speranze e le paure di quegli anni.

Parlano da soli. Sono la traduzione in voti della volontà di un popolo che ha conquistato la libertà e non vuole perderla: non più duce ma nemmeno baffone. Fu uno scontro che fece emergere uno contro l’altro i vari blocchi etnici, storici, economici, sociali che nei secoli seguiti alla evoluzione dell’Italia romana avevano fatto emergere la nostra identità nazionale. E lo scontro, con etichette diverse ma spinte equivalenti, è almeno in parte quello di oggi.

Voi oggi non ve ne rendete conto: avete due o tre telefonini, una due o tre automobili, casa di week end, settimana bianca, vacanza a Sharm, lasciate la roba nel piatto. I compagni dell’Istat non definiscono la povertà assoluta ma la brandiscono minacciosi. Io so cos’era: “un piatto di minestra ed è subito pera” come scriveva Gino Patroni nel 1959.

Dell’Italia e dei suoi progressi in questi 80 anni dobbiamo essere orgogliosi, non di Roma o di Michelangelo o Leonardo. Quello è un passato che non torna, sepolto da secoli e millenni di crisi, recessione, servitù: eravamo “un volgo disperso nei solchi bagnati di servo sudor”.

Quello che siamo oggi lo dobbiamo a quanto è avvenuto negli ultimi 80 anni, riconducibile a due categorie: essere finiti nel 1945 nell’orbita americana, essere diventati una repubblica a suffragio universale. Fino ad allora era valso il principio barbarico che Stati e Nazioni erano proprietà dei discendenti dei più forti guerrieri che avevano invaso Europa e Oriente, dalla Francia alla Cina. Non è poca la differenza rispetto a come la vediamo oggi.

Fino ad allora le donne erano l’altra metà del cielo, chiuse nel gineceo o nell’harem avvolte nel velo di Penelope o Lucrezia. Dal 1946 le donne votano come gli uomini, impedendo loro di perpetrare mortali scemenze.

Qui sotto sono i primi numeri da me elaborati. Sono i risultati elettorali dal 1946 al 1968, i primi vent’anni di libertà. Fanno da didascalia al boom economico, al passaggio di metà degli italiani dai campi alle città, allo scontro fra libertà e comunismo. Picchi e cali corrispondono ai momenti di tensione della guerra fredda. Siamo passati fra mancati colpi di Stato e terrorismo (prossimo ventennio).

Dallo scontro, talvolta violento, sempre aspro fra le varie componenti di questa dialettica è uscita l’Italia di oggi.

Vi sono rappresentati i principali partiti, che insieme fanno più del 90% dei voti. Ne è rimasto solo uno, il MSI, mutato in AN mutato in FDI. La DC morì suicida, il PCI finì sul muro di Berlino, il PSI finì come finirà Salvini. I loro uomini sono ancora attivi fra noi. Monarchici, liberali, repubblicani non sono più.

1946

1948

1953

1958

1963

1968

DC

35,2

48,5

40,1

42,4

38,3

39

PCI

18,9

38

22,6

22,7

25,3

26,9

PSI

20,6

12,7

14,2

13,5

14,5

PSDI

4,5

4,5

6,1

PSIUP

4,5

MSI

2

5,8

4,8

5,1

4,5

PNM

6,8

6,5

6,8

4,8

1,8

1,3

UQ/PLI

5,3

3,1

3,5

6,9

5,8

PRI

4,4

2,5

1,6

1,4

1,4

2