Finalmente in una sua Circolare ufficiale (la n. 59 del 3 maggio 2024) l’Inps parla anche dei diritti degli italiani all’estero con riferimento al pensionamento anticipato per le donne denominato “Opzione donna”, ma continua ad ignorare le nostre richieste di illustrare modalità attuative e documentazione da presentare per il soddisfacimento dei requisiti non anagrafici e contributivi richiesti.
Nella sua Circolare l’Istituto previdenziale italiano ci informa innanzitutto che possono accedere alla pensione anticipata, cosiddetta opzione donna, le lavoratrici che, entro il 31 dicembre 2023, abbiano maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica di almeno 61 anni e che, alla data della domanda, si trovino in una delle condizioni indicate nella norma.
Per ciò che riguarda le italiane residenti all’estero viene appunto indicato che ai fini del perfezionamento del requisito contributivo, sono utili anche i periodi assicurativi maturati all’estero in Paesi ai quali si applica la regolamentazione dell’Unione europea in materia di sicurezza sociale (Stati dell’UE, Svizzera e Paesi SEE) e in Paesi legati all’Italia da convenzioni bilaterali di sicurezza sociale, rispettando il minimale di contribuzione per l’accesso alla totalizzazione internazionale previsto dalla normativa comunitaria (52 settimane) o dalle singole convenzioni bilaterali. L’Inps ci rammenta inoltre che possono essere totalizzati anche i periodi maturati nel Regno Unito sia antecedentemente che successivamente alla data del 31 dicembre 2020.
Ciò che l’Inps non ci dice nella sua Circolare è come le donne residenti all’estero possano dimostrare – modalità e documentazione - di soddisfare all’estero i requisiti richiesti e che sono: a) esse assistono, alla data di presentazione della domanda di pensione e da almeno sei mesi, il coniuge o la parte dell’unione civile o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o un parente o un affine di secondo grado convivente; b) hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti Commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento; c) sono lavoratrici dipendenti o licenziate da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa di cui all’articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
Come si vede si tratta di requisiti molto particolari e spesso afferenti alla realtà sociale e lavorativa italiana, requisiti che per essere riconosciuti alle donne aventi diritto residenti all’estero necessitano di istruzioni tecniche e operative che l’Inps finora non è stato in grado di dare o non ha voluto dare. Rimane il fatto che se da una parte è lo stesso istituto a confermare la possibilità di fare ricorso all totalizzazione in regime internazionale ai fini del diritto alla pensione anticipata, dall’altra non mette le nostre connazionali nelle condizione di poter usufruire di questo diritto. La situazione ci amareggia ma non ci sorprende.