di GIORGIO OLDOINI
La Costituzione tradita: il “Premierato” della Meloni è il rimedio? Analisi di una crisi che dura da 30 anni. La ricchezza di un Paese si forma e si accumula durante il ciclo iniziale dell’economia e si disperde durante il periodo “etico”. Nell’Italia post bellica, l’insegnante statale dava lezioni private, l’operaio faceva un doppio lavoro, il funzionario arrotondava lo stipendio da fame per far studiare i figli, i magistrati non intervenivano e il Paese era in pieno boom economico. L’astensionismo elettorale nel 1979 era inferiore al 10%. Lo si voglia o no, i “moralisti di facciata” che hanno messo fuori legge la vecchia “Italietta”, discendono da quella generazione.
Preciso di non propendere per il “far west” economico, che oggi non sarebbe possibile. Credo tuttavia che le norme devono basarsi sul presupposto che i cittadini sono “onesti” e credo che le istituzioni devono perseguire i reati senza bisogno di leggi eccezionali. L’esperienza della Seconda Repubblica ha dimostrato che una norma troppo severa, mirata a “prevenire” i reati, non serve a ridurre la fascia dei disonesti, paralizza le imprese, trasforma i burocrati in operatori pavidi e inefficienti, determina un eccessivo accentramento di potere nelle mani dei “controllori”. Questi principi non sono i miei ma dei nostri padri costituenti.
Il rischio di dare vita ad organismi dotati di eccessivo potere era ben espresso dagli uomini più illuminati della sinistra, i quali trovavano “bizzarra” l’idea di dare vita ad una Corte Costituzionale al di sopra delle Assemblee parlamentari. “Noi abbiamo già cominciato a preparare in Italia il governo dei giudici, proclamando l’indipendenza e l’autonomia della Magistratura e creando la Corte Costituzionale”.
Ai nostri giorni gli specialisti del diritto pubblico esercitano la loro influenza sulle decisioni del legislatore e redigono testi “professorali” criticati per la loro pesantezza e per gli ingranaggi troppo complicati. I “cantori” della Costituzione non si sono mai preoccupati di verificarne il “rendimento”, di capire cioè se i relativi “precetti” trovino pratica e generale applicazione. Facciamo alcuni esempi di norme costituzionali “tradite”.
Durante il ciclo della democrazia “etica” (inaugurato nel 1992), sono state dismesse le Partecipazioni statali a prezzi di liquidazione. Eppure, il “costituente” Togliatti riteneva che il lavoro poteva essere assicurato solo dalle aziende pubbliche: “Vano sarà l’aver scritto nella nostra Carta il diritto di tutti i cittadini al lavoro, se poi la vita economica continuerà a essere retta secondo i principi del liberalismo, sulla base dei quali nessuno dei diritti dei lavoratori mai potrà essere garantito”.
Il “mercatismo” esasperato ha ridotto i diritti dei lavoratori (art.4) e le retribuzioni che dovevano assicurare una “esistenza libera e dignitosa” (art. 36). La povertà raggiunge livelli intollerabili con il rischio di degenerazioni sociali.
Non si è tutelato il risparmio “in tutte le sue forme” (art. 47) rispetto alle speculazioni interne e internazionali. Le banche continuano a investire i risparmi dei cittadini nei prodotti derivati e nei titoli speculativi.
I ricercatori scientifici e tecnici la cui attività dovrebbe essere “promossa” dalla Repubblica (art.9), sono retribuiti al livello di un manovale e fuggono all’estero.
L’art. 13 punisce “ogni forma di violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà” e tuttavia la carcerazione preventiva per ottenere confessioni “spontanee” o “patteggiamenti” è diventata la prassi. Il principio rieducativo della carcerazione (art. 27) è una barzelletta.
Nessuno può essere distolto dal suo giudice naturale e nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. (art. 25). I Pm di Mani pulite perseguivano i reati economici di tutta l’Italia e si erano inventati per via di giurisprudenza il reato di “falso in bilancio” che applicavano in via retroattiva.
La “segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione” (art.15) è ormai un principio astratto; la vita privata di qualsiasi cittadino è “intercettata a strascico” e pubblicata sui principali quotidiani.
Il matrimonio, che la Costituzione pone alla base della famiglia intesa come “società naturale” (art. 29) è diventato un disvalore ed un segnale di immaturità e di emarginazione. Le coppie omosessuali devono andare all’estero per “regolarizzarsi” ma l’ufficiale di stato civile italiano non le prende in considerazione.
L’art. 32 tutela la salute e garantisce cure gratuite agli indigenti. I medici più preparati devono andare in Svizzera o in Inghilterra per ricevere un compenso che li ripaghi dei lunghi anni di studio e gli infermieri si rifugiano nella sanità privata.
L’art. 39 stabilisce che l’organizzazione sindacale è libera e l’art. 40 garantisce il diritto di sciopero. Queste norme, largamente “abusate”, hanno consentito l’insorgere di centinaia di sindacati autonomi che si sono impadroniti delle aziende pubbliche di servizi, paralizzando la vita del paese.
L’art. 57, che prevede la parità della donna lavoratrice, è ancora lontano dall’essere attuato.
La nostra Costituzione individua nei Partiti il centro aggregativo principale per “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (art. 49). La Comunità Europea riconosce i partiti dei singoli Stati e il loro diritto al finanziamento pubblico e privato. Questo principio fondativo è stato tradito e i partiti sono stati delegittimati da un comico di professione.
Roma Capitale (introdotta con legge costituzionale del 2001) e Milano “da bere” degli anni Ottanta sono invase dai ladri e dalle mafie.
Insomma, si può affermare senza timori che alcune parti “essenziali” della nostra Costituzione sono diventate un ammasso di teorie fondate sull’osservazione di uno stato di cose ormai scomparso.
La rottura tra legalità costituzionale e realtà sociale, ha assunto una forma talmente acuta, che gran parte dell’opinione pubblica chiede a gran voce la fine della Seconda Repubblica. In questo contesto si pone il tentativo di Riforma della Meloni. noto come “Premierato”.
La nostra costituzione, nata dalle ceneri del fascismo, è basata sulla diffidenza verso l’esecutivo: essa aveva il ricordo del vecchio governo e, per rimediare ai mali del passato, ha stabilito la supremazia del potere legislativo. Nella nostra epoca, i problemi di governo diventano importanti, urgenti e non sempre le soluzioni possono trovarsi per via legislativa: l’esecutivo diventa sempre più il “centro” dell’attività politica. Per combattere la crisi economica e finanziaria che minaccia la completa rovina degli stati europei, è necessario prendere provvedimenti rapidi ed energici.
E’ inoltre un fatto acclarato che i “controllori” (magistrature, polizie e burocrazie) non si sono dimostrati all’altezza dei loro compiti. Dalle istituzioni elettive inadeguate ti puoi liberare con il voto popolare, quelle di carriera sono inamovibili.
Posto che l’attuale Parlamento non consentirà alla Meloni di varare la Riforma, spetterà all’elettorato la decisione finale. La vita è più forte delle dottrine, la vita è un compromesso tra le idee dominanti e la loro applicazione pratica. Studiare questo compromesso è compito della scienza politica e non dei giuristi.
La Riforma è necessaria a prescindere da chi la propone: fra tre anni, non è affatto scontato che a governarci sarà l’attuale capo del governo. Le elezioni europee hanno segnato la ripresa politica della sinistra e il successo personale della Schlein, che ha saputo ridimensionare il potere dei generali senza truppe. E’ venuto il momento che destra e sinistra si “parlino”. Minacciata dal totalitarismo delle potenze militari dei paesi orientali e dal terrorismo islamico, esasperata dalla possibile rinascita del fascismo, l’Italia democratica attende tuttora il suo rinnovamento costituzionale.