ROMA – In una conferenza stampa di Giorgio Mulè (FI) è stata presentata alla Camera dei Deputati l’istituzione della giornata degli internati italiani nei campi di concentramento tedeschi durante la seconda guerra mondiale: una proposta di legge che è considerata, dai promotori, come un atto riparatore per colmare un vuoto di memoria di un momento fondante per la storia d’Italia. Nel suo intervento Mulè ha fatto riferimento a numeri importanti: sarebbero stati infatti circa 650mila gli internati militari italiani – la cifra degli italiani sale a 800mila aggiungendo circa 150mila civili – catturati dalle truppe tedesche in Francia, Grecia, Jugoslavia, Albania, Polonia, Paesi Baltici, Russia e Italia stessa. Vennero deportati nei campi gestiti dalle truppe tedesche in ben ventuno distretti militari diversi all’interno del Terzo Reich. La scelta era collaborare con le SS o con la nascente Repubblica di Salò: questi militari italiani si rifiutarono a entrambe le opzioni. Per questi prigionieri ci fu un trattamento molto duro , secondo quanto illustrato da Mulè sottolineando che al loro rientro furono però considerati come reduci da una normale prigionia di guerra. “La loro vicenda fu interpretata come uno sfortunato corollario della guerra: questo provocò un disastro dal punto di vista psicologico e molti di loro si chiusero nel silenzio. Questo obliò durò fino agli anni ‘80”, ha spiegato Mulè evidenziando che la giornata dedicata alla memoria di questi internati viene indicata nel 20 settembre, data presa a simbolo dell’inizio di questa tragedia che cominciò nel settembre del 1943. Mulè ha precisato come le gesta di quei militari si rispecchiano nell’art.52 della Costituzione lì dove si fa riferimento al sacro dovere di difendere la Patria. “Loro lo fecero eroicamente ed è giusto inchinarsi alla loro memoria, facendo approvare questa legge al più presto”, ha evidenziato Mulè sperando in un iter celere che garantisca la celebrazione di questa giornata già in data 20 settembre 2025. Diego Paulet (Capo dell’ufficio per la tutela della cultura al Ministero della Difesa) ha parlato di un’iniziativa splendida. “Sono felice di questa iniziativa”, ha commentato Paulet augurando l’iter più breve possibile affinché si possa arrivare alla celebrazione di questa data simbolica. Luciano Zani (Presidente vicario Associazione Nazionale Reduci della Prigionia) ha ricordato che presto non ci saranno più testimoni diretti di questi avvenimenti, essendo i pochi superstiti ancora in vita ormai ultracentenari. “Siamo davanti a una dimensione di massa”, ha commentato Zani evidenziando come dietro questi circa 650mila internati militari ci fossero le rispettive famiglie e quindi ancora oggi non è inusuale che ci siano persone che hanno il ricordo della prigionia dei nonni. Zani ha parlato di una scelta non facile quando all’epoca si propose a questi prigionieri di poter tornare dalle proprie famiglie semplicemente giurando fedeltà al fascismo e al Terzo Reich in un’Italia sostanzialmente divisa in due. Zani ha invitato a riscoprire una dimensione patriottica anche attraverso le storie di questi prigionieri le cui gesta diedero un senso diverso alla stessa parola Patria fino ad allora cavalcata dalla propaganda fascista. Rosina Zucco (Direttore del Museo “Vite di IMI”) ha ricordato che il museo, sito in via Labicana a Roma, è stato inaugurato nel 2015 come mostra temporanea; nel 2018 è stato inaugurato invece come museo. “Questo museo si è rivelato sempre più un attento strumento di analisi storico-memorialistica e didattico-formativa”, ha spiegato Zucco evidenziando come l’arco temporale coperto dal museo è quello che va dall’8 settembre 1943 fino alla liberazione.
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