Altri due importantissimi accordi tra Italia e Brasile attendono da anni un aggiornamento ed un rinnovo.
Proprio in questi giorni ho presentato infatti una interrogazione parlamentare al Ministro dell’Economia e delle Finanze dove ho evidenziato la necessità di riaprire i negoziati con il governo brasiliano per porre fine finalmente – dopo più di 20 anni di palesi ingiustizie, equivoci, incomprensioni tra i due Stati – all’iniquo e molesto fenomeno della doppia imposizione fiscale delle pensioni italiane pagate in Brasile che quando superano un certo importo vengono tassate in maniera concorrente dai due Paesi con l’aggravante che i titolari pensionati italiani non usufruiscono del credito di imposta da parte del Brasile (così come previsto invece dalla Convenzione contro le doppie imposizioni fiscali attualmente in vigore) a causa di una interpretazione discordante da parte delle autorità competenti dei due Paesi contraenti di alcuni articoli della stessa convenzione. E’ un problema annoso le cui conseguenze le pagano i nostri pensionati in Brasile soggetti a doppia tassazione, a volte inconsapevolmente, delle loro già misere pensioni.
Ritengo infine utile e necessario ribadire, cosa che farò nei tempi e nelle sedi opportuni, l’improrogabile esigenza di procedere in tempi possibilmente brevi al rinnovo della Convenzione di sicurezza sociale con il Brasile che risale addirittura al 1977 (Protocollo aggiuntivo dell’Accordo di emigrazione del 1965) e che quindi a quasi cinquanta anni dalla sua entrata in vigore, è oramai diventato un accordo obsoleto che nonostante i numerosi negoziati tra i due Paesi avvenuti negli anni ‘90 per realizzare il necessario aggiornamento, non è stato ad oggi ancora rivisto e rinnovato. E' utile evidenziare che l’Accordo bilaterale attualmente in vigore esclude dal campo di applicazione soggettivo, e quindi da ogni tutela previdenziale, sia i dipendenti pubblici che i liberi professionisti i quali, tra l’altro, non possono totalizzare i periodi di contribuzione versati nei due Paesi al fine di maturare un diritto previdenziale, creando così una intollerabile disparità di trattamento con i dipendenti privati. Inoltre, l’Accordo in vigore non prevede la totalizzazione multipla, cioè la possibilità di totalizzare i contributi versati in Paesi terzi; non contempla nel campo di applicazione 'ratione materiae' i trattamenti di disoccupazione e le prestazioni familiari; è un accordo disorganico e a volta ambiguo per quanto riguarda l’applicabilità della tutela sanitaria, mentre invece servirebbero disposizioni più complete e chiare in materia di assistenza medica, farmaceutica, protesica, odontoiatrica, ambulatoriale e ospedaliera.