Animali fantastici, creature mitologiche, pelli di pecora e campanacci. Ma anche coloratissimi nastri, veli neri e foreste che camminano.
È uno scenario quasi surreale quello che caratterizza la Basilicata, tra gennaio e marzo. Un periodo, questo, in cui si celebra in tutto il mondo il Carnevale.
E la regione lucana, con le sue antiche e preziose tradizioni, non ne è esente. Sono otto i comuni, tra le province di Matera e Potenza, che costituiscono la Rete dei Carnevali lucani e in cui la tradizione carnevalesca tocca momenti di alta spettacolarità e partecipazione: Aliano, Cirigliano, Lavello, Montescaglioso, San Mauro Forte, Satriano di Lucania, Teana e Tricarico. A questi si aggiungono Stigliano e Viggianello.
Il calendario delle manifestazioni ha preso il via i primi giorni di gennaio ma è nella settimana del martedì grasso, a inizio marzo, che si raggiunge il culmine degli eventi in piazza.
A inaugurare la stagione, il 5 gennaio scorso, la notte dei Cucibocca a Montescaglioso. Una manifestazione antica, con strani figuri a passeggio, la sera, nelle strade del paese, infagottati in abiti scuri e con le catene ai piedi.
Sempre a gennaio si è svolta la Sagra del Campanaccio di San Mauro Forte, con i caratteristici campanacci appesi al collo dei figuranti, a rimbombare sbattendo sulla pancia.
Tra una scampanata e l’altra, qualche sosta nelle cantine a bere buon vino e degustare salsicce. Anche a Tricarico, il Carnevale, è arrivato in anticipo il 17 gennaio, in coincidenza con la festa di Sant’Antonio Abate – con l’màshkr: celebri le maschere ricoperte di nastri colorati, a ricordare in corteo il rito della transumanza. È dal 17 gennaio, invece, che a Lavello ogni sabato sera si animano i “festini”, luoghi allestiti per l’occasione in cui si balla fino all’alba. Molti vi partecipano travestiti da Domino, la maschera tipica del Carnevale di Lavello.
Anche tra febbraio e marzo, però, le occasioni per visitare un territorio che, nel 2019, è già al centro di un’attenzione tutta particolare – Matera quest’anno è la Capitale Europea della Cultura – sono tante.
Momenti per lasciarsi travolgere dalla satira e dal divertimento e assistere ad antichi riti e usanze che hanno reso e rendono unica quest’area del Sud Italia.
Senza timidezza né paura: il segreto è lasciarsi incantare dalle forme inquietanti e dai personaggi inverosimili – uomini che diventano animali o donne che si vestono da uomini e viceversa – e farsi trascinare dall’atmosfera vivace.
Da non perdere il Carnevale ad Aliano, il borgo materano che Carlo Levi definì di “un improvviso biancore abbagliante” per via dei suoi suggestivi candidi calanchi (3 e 5 marzo).
È qui che lo scrittore torinese compose il “Cristo si è fermato ad Eboli” ed è qui che, durante il Carnevale, il giorno del Martedì Grasso, fanno la comparsa le “maschere cornute”. Ecco che gli abitanti sfilano per le strade accompagnati dal suono della fisarmonica.
Addosso, stravaganti maschere che ricordano creature demoniache e goffe, con coloratissimi cappelli a mitigare il senso di terrore. Enormi corna e nasi pronunciati fanno il resto, insieme ai cauzunett’, i classici mutandoni invernali con appesi numerosi campanelli di bronzo e decorazioni solitamente utilizzate con muli e cavalli.
Uniche nella loro stranezza, avevano affascinato anche Levi, che così scriveva: “Portavano in mano delle pelli di pecora secche arrotolate come bastoni, e le brandivano minacciosi, e battevano con esse sulla schiena e sul capo tutti quelli che non si scansavano in tempo”.
Altrettanto caratteristico, dal 3 al 5 marzo, il Carnevale a Cirigliano, borgo in provincia di Matera antichissimo – se ne parlava già in una bolla diocesana nel 1060 – e circondato dalle montagne.
Il tema portante? Le quattro stagioni e i dodici mesi dell’anno, con le maschere ad esaltare le colture e le caratteristiche dei vari periodi. A guidare il corteo Capodanno, con le sue fasce colorate avvolte attorno al corpo e alle gambe e il cappello a cilindro in testa. A seguire, un folto gruppo di pastori – simbolo della comunità locale – e alcune coppie di preti un po’ “sui generis”, a tratti blasfemi. L’Orso, l’Eremita e la Quaresima sono invece le tre figure principali attorno a cui ruota il Carnevale di Satriano di Lucania, in provincia di Potenza (3 marzo). il primo, l’Urs, è vestito di pelli pregiate di pecora o capra e porta, attaccata al piede, una catena spezzata e in mano i campanacci. Il secondo, U’ Rumit, è completamente ricoperto di tralci e foglie d’edera e tiene in mano un bastone decorato con un ramo di pungitopo o di ginestra. La terza, Quaresima, trasporta una culla di legno in equilibrio sulla testa, all’interno della quale riposa il Carnevale.
Rinomato in tutta la regione anche il “Carnevalone” di Montescaglioso (24 febbraio e 2,3 e 5 marzo), nato dalla cultura contadina. Le sue maschere si riconoscono facilmente, realizzate come sono con i materiali disponibili al momento: carta, cartoni, stoffe di vecchi vestiti.
Un Carnevale all’insegna del riciclo, con personaggi originalissimi: ‘U Fus’, personificazione della Parca romana, con il suo grande fuso lanciato in strada; Quaremma, moglie di Carnevalone, in abito nero e con in braccio un pupazzo in fasce; Carnevalone, vecchio e barbuto a cavallo di un asino e con un ombrello nero e sgangherato; infine, le coppie di sposi, solitamente interpretate da due uomini.
A fare da sottofondo, il suono roboante di vari campanacci, agitati energicamente con l’ausilio delle gambe, utilizzati per scacciar via la malasorte.
È l’improvvisazione il fil rouge del “Carnuluvar” di Teana, nel Parco del Pollino (2 marzo). Due le figure principali: l’Orso e il Carnevale (contro quest’ultimo si svolge un “processo”, una sorta di parodia burlesca della “Passione di Gesù”). Non manca, nel corteo, Quaremma, Ecco che il paese si anima, tra tarantelle e zampogne, canti in dialetto e danze. Con salsicce che pendono dalle travi e ragazzi che, saltando, fingono di rubarle. Infine, c’è il Carnevale di Viggianello, di matrice montanara. Particolari i suoi carri allegorici, realizzarti con rami di salice sapientemente modellati e ricoperti con giornali e carta pesta. Culmine della manifestazione, il grande rogo finale.
Manifestazioni folkloristiche, queste, di così grande valore da aver oltrepassato i confini della Basilicata ed essere risalite fino a Roma. È nella Capitale, infatti, che è in programma dal 9 febbraio al 28 aprile, la mostra “Il mito rivisitato. Le maschere arcaiche della Basilicata” (Casina delle Civette – Musei di Villa Torlonia, via Nomentana 70). Organizzata dall’Agenzia di Promozione Territoriale della Basilicata, a cura di Francesca Romana Uccella e promossa da Roma Capitale, la rassegna raccoglie 38 opere tra maschere e sculture realizzate dall’artista lucano Nicola Toce.