di LORENZO BRIOTTI

Il gip di Milano Luca Milani ha convalidato il sequestro di 121 milioni di euro per frode fiscale a carico di Amazon Italia Transport, filiale italiana del colosso statunitense. Il provvedimento contiene i racconti dei corrieri costretti a consegnare entro tre minuti un pacco. Se non lo facevano scattavano dei “puntini rossi su un monitor”, che a loro dire significava essere stati “controllati e sanzionati”. In quasi 100 pagine il giudice accoglie quindi la ricostruzione dei pm di Milano Paolo Storari e Valentina Mondovì nell’inchiesta del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, che il 23 luglio ha eseguito il sequestro preventivo d’urgenza in una delle tante indagini sulla logistica e sulla “somministrazione illecita di manodopera”.

Corrieri Amazon costretti a fare consegne entro 3 minuti

Nell’inchiesta è emerso che quei corrieri, formalmente dipendenti di cooperative o società “filtro” con presunti contratti d’appalto irregolari, erano monitorati nelle consegne attraverso un software-algoritmo creato da Amazon. Numerosi, per il gip, sono “gli indicatori” che portano ad affermare “che il monitoraggio del singolo corriere”, con l’impiego “di software forniti proprio dalla casa madre Amazon, è la più significativa espressione di un utilizzo consapevole di strategie imprenditoriali direttamente volte ad agevolare la commissione della frode fiscale”. Agli atti le parole dei lavoratori: “Quando un autista, rappresentato sul monitor da un puntino rosso, si ferma oltre il tempo consentito dall’algoritmo, che è di circa 3 minuti, parte un alert. Il puntino rosso si ingrandisce e inizia a lampeggiare (…) il controllo avviene anche da parte dei dirigenti Amazon”, ha messo a verbale un “ex corriere alle dipendenze di imprese fornitrici”.

Un sindacalista, sentito a maggio, ha spiegato che “i corrieri che lavorano per Amazon sono portati indirettamente a svolgere straordinario in quanto se non consegnano tutti i pacchi affidati sono oggetto di provvedimenti disciplinari”. Un altro lavoratore ha detto di “essere stato licenziato” da una delle società “serbatoio”, che lavorava per Amazon, “per il mancato completamento delle consegne”. Si parla di “190 pacchi al giorno” e tutti i corrieri “sentiti”, sintetizza il gip, hanno “riferito agli inquirenti che le prestazioni imposte dal software Amazon Flex sono diventate negli anni sempre più pesanti”. E fa riferimento a “sanzioni disciplinari quali la perdita di ore retribuite”.

Pacchi Amazon “l’ultimo miglio” affidato a ditte esterne

Testimonianze raccolte in un capitolo sul “funzionamento in concreto dei Dsp”, ossia le imprese esterne, che fanno il servizio di “consegna dell’ultimo miglio”, dai magazzini di stoccaggio fino al cliente. Una manager di Amazon ha ricostruito quel sistema di gestione degli stabilimenti di “smistamento”, fino alla elaborazione delle “rotte” per i “driver”. Come ha chiarito un altro dirigente, in ogni “delivery station” ci sono “computer” su cui vengono controllati “i movimenti di ciascun driver, come se fossero – segnala il gip – puntini su una mappa”. Stando alle indagini, sarebbe stata Amazon Italia a “sollecitare l’invio” delle contestazioni disciplinari “dopo aver ricevuto lamentale dagli utenti”. Tra le sanzioni previste, stando a un verbale, la “cancellazione del profilo Amazon” del lavoratore. I sindacalisti hanno parlato pure di una “classifica di merito sulla prestazione che viene affissa nelle bacheche dei magazzini”. Da tutto ciò, riassume il giudice, viene a galla il “quadro” di un servizio consegne “interamente esternalizzato”, ma con Amazon che organizza la “giornata lavorativa di ciascun corriere” e con un “controllo serrato”.

Amazon: “Rispettiamo le leggi”

“Rispettiamo tutte le leggi e le normative vigenti in ogni Paese in cui operiamo e richiediamo che le aziende che lavorano con noi facciano lo stesso”. E’ quanto precisa Amazon in relazione al provvedimento con cui il gip di Milano ha convalidato il sequestro per frode fiscale da oltre 121 milioni di euro. “Abbiamo definito standard elevati e un Codice di Condotta che anche i nostri fornitori di servizi di consegna devono rispettare per poter lavorare con noi – spiega Amazon -. Il nostro codice di condotta è disegnato in modo tale da garantire che gli autisti lavorino in un contesto sicuro e abbiano compensi e orari di lavoro adeguati”. E ancora: “Effettuiamo regolarmente verifiche di idoneità per assicurare la conformità al Codice di Condotta e interveniamo se riscontriamo che un nostro fornitore non rispetta tali aspettative. Continueremo a collaborare prontamente con le autorità competenti nel corso dell’indagine”.