Depositphotos

di FILIPPO LIMONCELLI

In Italia, le donne laureate guadagnano molto meno rispetto ai loro colleghi uomini, segnando uno dei divari salariali più preoccupanti tra i Paesi OCSE. Le donne, pur essendo più numerose e ottenendo voti più alti durante il percorso universitario, ricevono solo il 58% dello stipendio rispetto agli uomini. Questo divario è ben più ampio rispetto alla media OCSE, dove le donne guadagnano il 17% in meno rispetto agli uomini. Il rapporto “Education at a Glance 2024” mette in luce l’incapacità del sistema educativo italiano di promuovere un’effettiva equità e di emancipare le giovani generazioni, accentuando le disuguaglianze di genere nel mondo del lavoro.

Lento miglioramento nell’istruzione e il fenomeno dei Neet

Nonostante alcuni segnali di miglioramento, l’Italia continua a registrare dati preoccupanti riguardo alla dispersione scolastica e al fenomeno dei Neet (giovani che non studiano né lavorano). La dispersione scolastica tra i 25 e i 34 anni è ancora al 20%, ben al di sopra della media OCSE del 14%. Tuttavia, il numero di Neet è sceso dal 32% al 21% negli ultimi otto anni. Anche in questo caso, le donne risultano penalizzate: tra i 25 e i 29 anni, quando dovrebbero entrare nel mondo del lavoro, la percentuale di Neet femminili sale al 31%, contro il 20% degli uomini. Questo divario evidenzia la difficoltà delle donne nel fare il passaggio dal percorso di studi all’ingresso nel mercato del lavoro.

Sottofinanziamento cronico e sfide nel sistema scolastico

L’Italia destina solo il 4% del PIL all’istruzione, una cifra significativamente inferiore rispetto alla media OCSE, che si avvicina al 5%. Inoltre, la spesa per l’istruzione universitaria in Italia è particolarmente bassa, nonostante gli investimenti maggiori siano destinati alle scuole elementari. Il numero di studenti per docente è inferiore alla media OCSE, ma ciò è dovuto principalmente all’organizzazione frammentaria del sistema scolastico italiano. Infine, il rapporto sottolinea che gli stipendi degli insegnanti, nonostante un aumento nominale dell’8%, sono diminuiti del 6% in termini reali, a causa dell’inflazione.