di BRUNO TUCCI
Oltre a leccarsi le ferite per la duplice sconfitta alle elezioni regionali, la maggioranza si interroga e studia il perché di un simile stop. Giorgia Meloni riconosce di aver perso e dice “che ogni tanto una sconfitta fa bene”. Però, al di là delle battute e delle frasi ad effetto, sarebbe assurdo non verificare il perché in Emilia-Romagna e in Umbria il flop c’è stato, eccome. C’è chi ritiene che sia stata sbagliata la scelta dei candidati, ma questa è una scusa bella e buona paragonabile ad una bugia.
La verità è un’altra e sta tutta in quella che si potrebbe definire una mancanza di coraggio. Troppa attesa, troppi ritardi, troppe titubanze. Facciamo un passo indietro e vediamo quali erano i traguardi e quindi i progetti della destra. “E’ finita la pacchia”, ricordate quello che sosteneva Giorgia Meloni in un comizio a ridosso delle politiche che l’avrebbero portata a Palazzo Chigi? Quella frase voleva dire che la nuova fase politica guidata dal centro destra voleva significare una vera e propria svolta a cui la gente che aveva votato credeva ciecamente.
Regionli allarme: troppe liti
A cominciare dal premierato che era già una “diminutio” che la Meloni aveva dovuto accettare. I suoi propositi erano altri: la premier sognava il presidenzialismo, vale a dire una repubblica simile a quella degli USA dove il Capo dello Stato viene eletto direttamente dal popolo e non dal Parlamento in seduta comune. No! Questo voleva dire troppo, voleva significare togliere potere al Quirinale che avrebbe avuto meno peso dell’inquilino di Palazzo Chigi. Allora, si “retrocesse” al premierato che prevedeva l’incarico al presidente del consiglio prescelto dal popolo e non dagli intrighi di Palazzo.
Ora, dove è finita quella riforma? Se ne parla sempre di meno come se non esistesse più. Perche? La paura di un referendum che potrebbe dire no al progetto, sancendo una vera e propria sconfitta per Giorgia Meloni con conseguenze pericolose tipo quelle che subì Matteo Renzi.
Un altro passo in avanti voluto a tutti i costi dalla Meloni aveva nell’occhio del ciclone la magistratura. Insomma, la separazione delle carriere: un conto i Pm, un altro i giudici. Apriti cielo: la numero uno di Fratelli d’Italia non fece in tempo a mettere piede a Palazzo Chigi che già cominciarono i primi strali contro chi sosteneva lo stop a quella idea “reazionaria”. Conclusione: anche questo progetto “rivoluzionario” è ancora in attesa di qualcosa che non si concretizza.
La delusione di Nordio
E a dire che la Meloni aveva voluto espressamente Carlo Nordio, ex magistrato, a fare il Guardasigilli. In un amen egli avrebbe portato a termine il lavoro per il quale nemmeno Silvio Berlusconi era riuscito. Oggi, si parla della tanto pubblicizzata riforma un paio di volte alla settimana con frasi fatte senza nessun significato. E’ perduta nei meandri di Montecitorio e di Palazzo Madama e in pochi credono che sarà realizzata.
Ed eccoci al problema dei problemi: le tasse. Gli italiani sono vessati dall’agenzia delle entrate e per alcune categorie (i pensionati e i dipendenti contrattualizzati) il salasso è notevole. Più del quaranta per cento. Una ritenuta che per i pensionati è doppia perché la prima l’avevano subìta durante gli anni di lavoro. Anche per questo progetto, si è a “carissimo amico” e tranne qualche piccolo ritocco, tutto è rimasto come prima.
In parole semplici, la pacchia è sempre la stessa o quasi. Nulla è cambiato sotto il cielo e la gente che va a votare comincia ad essere molto stanca delle chiacchiere e dei continui litigi fra avversari e soprattutto fra amici della medesima compagine.
L’alt subìto in Umbria e in Emilia-Romagna non deve essere sottovalutato dalla maggioranza. E’ un campanello d’allarme suonato non solo per il centro destra, ma anche per la disfatta di Giuseppe Conte. Gira nei social questa perfida battuta: “Se volete cambiar nome alla vostra idea politica, chiamatela invece che Movimento 5Stelle, Movimento cinque per cento”. Che dire oltre?