Foto archivio (IDF Telegram)

di ALESSANDRA FABBRETTI

ROMA – “Non abbiamo ancora deciso se istituire un governo militare nella Striscia di Gaza”. Così ha risposto il ministro degli Affari esteri israeliano Gideon Sa’ar, in conferenza stampa congiunta a Gerusalemme con l’Alta rappresentante della politica estera europea, Kaja Kallas, alla domanda posta dal Times of Israel. Quest’ultima testata ha fatto riferimento alle parole di Kallas che, oltre a ribadire “il diritto di Israele all’autodifesa dagli attacchi terroristici”, ha ribadito che “l’Ue non vede Hamas nel futuro governo di Gaza”. Sa’ar ha confermato che il governo di Tel Aviv sostiene la linea europea, che punta a lanciare delle “discussioni sulla futura governance di Gaza”. Quindi ha aggiunto che l’esercito israeliano – che dallo scorso 18 marzo ha rotto il cessate il fuoco e ripreso gli attacchi contro Gaza e poi nel sud del Libano e in Siria – “non sta violando nessuna norma di diritto internazionale”, negando l’accesso agli aiuti umanitari per i circa 2 milioni di civili palestinesi residenti. Il ministro ha citato l’articolo 70 del Protocollo aggiuntivo delle Convenzioni di Ginevra del 1949, secondo cui gli aiuti umanitari devono essere consentiti se la popolazione civile “non è adeguatamente rifornita” di beni essenziali. Sa’ar ha dichiarato che i 25mila camion che Israele ha fatto entrare durante il cessate il fuoco con Hamas sarebbero “adeguati per le esigenze della popolazione di Gaza”.

Sul punto, da mesi le principali organizzazioni umanitarie denunciano l’insufficienza degli aiuti alla popolazione, evidenziando che dal 9 ottobre 2023 il governo israeliano ha interrotto le forniture di beni essenziali come carburante, acqua potabile, elettricità e telecomunicazioni, mentre gli accessi ai convogli si sono ridotti a poche decine al giorno, a fronte dei 500 camion quotidiani richiesti dalle Nazioni Unite. Il conflitto, è stato ricordato a più riprese dalle principali agenzie Onu, ha inoltre distrutto la gran parte delle infrastrutture come strade e impianti per la desalinizzazione delle acque o la produzione elettrica, o per la produzione di reddito e alimenti come fabbriche o campi coltivati, evidenziando la dipendenza della popolazione dagli aiuti. Il ministro Sa’ar ha inoltre giustificato l’interruzione agli aiuti umanitari sostenendo il fatto che Hamas prenderebbe per sé tali aiuti. Il ministro degli Esteri Sa’ar non è intervenuto invece sulla proposta di mediazione a cui, secondo l’agenzia Ap, starebbe lavorando l’Egitto per facilitare la ripresa dei negoziati sul cessate il fuoco tra Israele e Hamas. Neanche Kallas è intervenuta sul punto. In visita ieri al Cairo per incontri al vertice, ha invece richiamato il piano per la ricostruzione di Gaza promosso dall’Egitto, affermando che l’Ue lo accoglie “con favore”. Infine, ribadendo che Tel Aviv “ha il diritto a difendersi dagli attacchi terroristici, che provengano da Hamas, da Hezbollah o dagli Houthi”, ha aggiunto che le azioni militari “devono essere proporzionate” e affermato che i recenti raid israeliani contro Libano e Siria rischiano di provocare “un’altra escalation”.